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Coronovirus, le parole sono “responsabilità, rigore, solidarietà”

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15 Marzo 2020

“Responsabilità, rigore, solidarietà”, parole che oggi come non mai riecheggiano in ogni angolo del mondo. Potreste facilmente imbattervi anche in parole come “Economia”, “Sport”, “Critica” ed essere indotti a prestare maggiore attenzione a queste. Non che le seconde siano meno importanti, ma ritengo che debbano essere accantonate per un po’ di tempo da ciascuno di noi per dare il giusto spazio alle prime. E la motivazione è una sola: 15.113 casi di Coronavirus e 1016 morti in meno di 20 giorni dal primo contagio in Italia. Qualcuno però potrebbe subito obbiettare: “ Siamo 60 milioni di italiani, che incidenza hanno poco più di mille decessi?”. Di nuovo la risposta è univoca: gli ospedali non hanno più posti in terapia intensiva, sono quasi al collasso e rischia di tracollare tutto il sistema sanitario nazionale.

Ecco che quindi entra in gioco la tanto osteggiata “responsabilità” di cui gli adulti parlano sempre e di cui sembra ormai ignoto il significato. Tutti noi dobbiamo avere la consapevolezza della situazione che stiamo vivendo ovviamente comportandoci di conseguenza, senza necessariamente essere degli eroi. Infatti, -Un guerriero responsabile- dice lo scrittore Paulo Coelho¬ –non è colui che si prende sulle spalle il peso del mondo. E’colui che ha imparato ad affrontare le sfide del momento-.

A ognuno il suo ruolo: gli esperti informino la popolazione sui giusti atteggiamenti da assumere di fronte a questo problema, i media evitino di pubblicare notizie infondate, i politici facciano chiarezza sui decreti emanati evitando almeno per poco di pensare al tanto amato “dio denaro”, i cittadini rispettino i provvedimenti attuati per il bene della collettività. Paradossalmente la responsabilità maggiore è nelle mani del popolo, che non deve fare altro se non rispettare semplici regole che ormai tutti sanno a memoria: lavarsi bene le mani, ridurre le proprie uscite al minimo indispensabile ed evitare assembramenti. Possibile che sia così difficile? Perché rimanere chiusi in casa è così faticoso? Forse la risposta va cercata proprio dentro ognuno di noi.

Legati ad una società dove si è abituati a correre per tutto il giorno senza rendersi conto del tempo che passa, senza prestare attenzione alle giornate che si portano dietro irrimediabilmente parte della nostra vita, senza essere in grado di dare la giusta importanza alle persone con cui viviamo quotidianamente, fermarsi e fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso l’importanza, è uno scoglio arduo da superare. Ciò che poi fa ulteriormente riflettere è che normalmente non sia così difficile incontrare gente che dica: “Non ho tempo!”… . Inoltre, il valore della nostra responsabilità aumenta se nella storia abbiamo l’esempio di innumerevoli epidemie a cui non è stato dato il giusto peso e che come ben sappiamo hanno portato a vere e proprie catastrofi.

Sicuramente il Coronavirus non ha quell’impatto devastante che ebbero a loro tempo peste, vaiolo o influenza spagnola per citarne alcuni, ma non bisogna sottovalutare ciò che potrebbe succedere se non dovessimo prendere le dovute precauzioni. Ecco perché noi siamo in una posizione avvantaggiata rispetto agli uomini del passato: sappiamo cosa è accaduto, cosa potrebbe accadere e cosa possiamo fare affinché non accada… altrimenti, a cosa ci è servito studiare tutto questo tra i banchi di scuola?
Rigore” è la seconda parola che va presa in considerazione in questa situazione delicata. Per evitare infatti di creare confusione a livello popolare, occorre ascoltare solo le persone che abbiano competenze mediche e sanitarie. Accendendo la televisione o la radio, i notiziari ripetono frasi sempre uguali e tra queste mi colpisce quella maggiormente carica d’ipocrisia: ”Evitate inutili allarmismi”. Allarmismi che tuttavia sono stati fomentati proprio da loro stessi attraverso la pubblicazione affrettata di notizie infondate e incerte volte solo a catturare l’attenzione di un pubblico ormai solito ad ascoltare passivamente e incapace di riflettere sulla effettiva validità del messaggio trasmesso. Piuttosto, una cosa da evitare sarebbe quella di parlare dell’ argomento come se fossimo degli esperti in materia, soprattutto in televisione, dove alle volte vengono pronunciate una serie di massime da persone disinformate sull’argomento. E questo non vale solo in questa precisa circostanza, vale nella vita di tutti i giorni: meglio ascoltare in silenzio e con umiltà (parola di difficile comprensione per il genere umano) i consigli di chi è più ferrato su un argomento piuttosto che lasciarsi guidare dall’istinto di fare di testa propria. Dunque, mantenere una certa linea di rigore in ciò che ci viene suggerito dall’alto, appare la scelta più ragionevole; soprattutto per chi non presenta alcun sintomo della malattia. Infatti, come spiega il virologo Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’università di Padova, “ il vero problema sono i positivi asintomatici, se continuiamo a farli circolare non si riuscirà ad arginare la diffusione del virus”.

Infine, rivalutare le relazioni umane è l’ultimo sforzo che ci viene richiesto: abbiamo il dovere di provare a sentirci parte di un unico mondo, privo di distinzioni, da cui dipendiamo e che dipende da noi. E solidarietà è la parola che, prima fra tutte, ne racchiude il significato. In una fase storico-sociale in cui vi è la tendenza a pensare unicamente a stessi e al proprio tornaconto personale, il virus ci invita a capire che il solo modo per sconfiggerlo è il senso di appartenenza ad una comunità ricca di valori che sono andati perduti: la reciprocità, la collettività, l’unione. Sicuramente, questo è il momento peggiore per farsi la guerra, sia a livello nazionale che internazionale. La ricerca costante di un colpevole in tutto questo e gli incessanti scontri, dibattiti e controversie sarebbero la dimostrazione definitiva del nostro fallimento. Sorge quindi spontanea la domanda: ”Siamo realmente in grado di far fronte ad una tale emergenza lasciando da parte interessi e smanie di colpevolizzazione reciproca?”. La risposta non può che darcela il tempo, ma io sono particolarmente ottimista: la forza dell’ uomo da sempre è stata quella di adattarsi alle situazioni, volgendole a proprio favore e uscendone profondamente rafforzato. E se ci è riuscito, è stato proprio grazie alla solidarietà che purtroppo si manifesta solo nel momento del bisogno. Anzi, alle volte sembra proprio non voglia uscire allo scoperto, lasciando le persone con la convinzione che l’egoismo e l’indifferenza siano le armi migliori per affrontare gli ostacoli che si frappongono nel cammino della nostra vita.

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