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Dalla Valceresio ad Istanbul

esplosione istanbul
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21 Marzo 2016

Gentile Direttore,

mi chiamo Francesca Capoluongo, sono una studentessa universitaria di 24 anni, nata e cresciuta nella Valceresio, dove i confini del mio mondo erano segnati dal Monte Orsa e dal Lago di Lugano.

Il mio percorso accademico uscita dal liceo Cairoli di Varese mi ha portata a studiare in Trentino, e da lì ad abitare e conoscere altre realtà fuori dai confini nazionali.

Al momento mi trovo ad Istanbul, città al confine fra Europa ed Asia, colpita questa mattina da un’ennesima onda di paura e dolore.

E’ da qualche mese che ho imparato a conoscere da vicino la stretta allo stomaco che si prova quando si attraversa, almeno due volte al giorno per recarsi in università, piazza Taksim, uno dei luoghi segnalati come “maggiormente a rischio”.
Quella stessa stretta allo stomaco che è condizione quotidiana di vita per migliaia, milioni di persone, volti e storie che conosciamo attraverso video trasmessi dai telegiornali, notizie che leggiamo con più o meno interesse e partecipazione. Racconti che ci sfiorano a distanza, dedichiamo un momento di tristezza all’annuncio di “nuovi morti” nel Mediterraneo o alla fotografia di disperazione al confine greco-macedone, e poi continuamo la nostra vita normalmente. Pensiamo che così sia giusto e doveroso fare, che affliggerci non aiuterebbe nessuno, che non stiamo girando il volto dall’altra parte ma solo cercando di fare il nostro meglio nel nostro piccolo.

Questi erano l’atmosfera ed i pensieri prevalenti anche ad Istanbul, fino all’attentato del 13 marzo scorso ad Ankara e la conseguente grande allerta per questo fine settimana. Questa l’atmosfera nella capitale economica di un Paese con una guerra civile in corso nella parte orientale, guerra che quasi non si nominava fino a quando non è venuta a bussare alle porte delle capitali.

Eppure sono certa che da domani si troverà un nuovo modo di continuare normalmente, qui come ovunque, o quasi.

La nostra vita in fondo continuato normalmente dopo tutte le altre notizie di attentati che hanno occupato per qualche giorno, o ora, i titoli dei giornali, e sta continuando normalmente durante la guerra in Siria, i conflitti nel continente africano, massacri e guerre di cui spesso non conosciamo neppure l’esistenza; continua normalmente anche mentre migliaia di persone continuano a perdere la vita cercando di raggiugnere un’Unione Europea culla di civiltà e democrazia che sbatte loro la porta in faccia.

Continuiamo a vivere la nostra quotidianità, e cosa altro potremmo fare?

Nulla, forse.
O forse è proprio questo accettare come normalità quello che normalità non è e non può essere, che permette a troppi meccanismi perversi di perpretrarsi.

Questa sera ho aperto la pagina di VareseNews e non ho trovato nessun riferimento a quanto sta accadendo nel mondo al di fuori della Provincia. E’ normale, questo è il senso stesso del quotidiano online, occuparsi dei fatti interni ai confini di Varese.
Mi chiedo però quanto abbia senso parlare ancora di confini al mondo d’oggi, di cosa direttamente riguardi gli abitanti della Provincia di Varese e di cosa no. Un dubbio facilmente risolvibile con una circoscrizione territoriale certo, ma il discorso si potrebbe complicare considerando i residenti della Provincia, e allora l’interesse si dovrebbe estendere a tutte le realtà che chi è temporaneamente fuori sta vivendo.
O forse, sarebbe ancora più giusto ritenere che nessuna delle notizie del “di fuori” non ci riguarda, che sarebbe intrinsicamente sbagliato dover aspettare di vivere una guerra per pensare alla guerra, di dover assistere ad un attentato per capire come sia uscire di casa la mattina e chiedersi se prendere i mezzi di trasporto o evitare una certa zona, di dover essere schiacciati dalla disperazione per non accettare che la “nostra” Europa sia incapace di accogliere persone in cerca di asilo.

Parole banali, considerazioni già sentite e già dimenticate, perché non trovano risvolti pratici.

Ho scritto troppo a lungo, non si tratta ormai più di una lettera o di un contributo, ma di uno sfogo e di una speranza, la speranza che “nel nostro piccolo” della Provincia di Varese si possa non fare finta di nulla, si possa pensare ogni giorno e ogni giorno un poco di più a quello che ci succede intorno, anche fuori dai nostri confini.
E forse da pensieri più profondi e costanti arriverà una consapevolezza più vivida di come sia necessario occuparsi, e occuparsi attivamente, di quello che succede alle nostre porte senza aspettare che queste vengano sfondate.

Gentile Direttore o chiunque si troverà a leggere queste parole, vi ringrazio dell’attenzione, e vi chiedo se mai deciderete di pubblicare le mie riflessioni di farlo per intero, perché troppo spesso pensieri sinceri possono essere male interpretati.

Cordialmente
Francesca Capoluongo

Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Rolo

    Brava Francesca,
    la sua lettera è ricca di spunti che dovrebbero fare riflettere i varesini e varesotti che troppo spesso si chiamano fuori dal mondo vero perchè tutto accade lontano; “laurà e dané” è il motto costante che si sente da queste parti e ciò perchè, tranne rare eccezioni, la provincia è spesso cieca ed ottusa in quanto il mondo finisce ai confini del paese vicino.
    La ringrazio perchè così giovane lei ha trovato motivo per farci riflettere!
    Rolando Saccucci

  2. Avatar
    Scritto da Francesca C.

    Gentile Rolando,
    la ringrazio del suo commento e mi riconosco nelle sue parole.
    Ho letto poco fa la notizia di manifestazioni contro la presenza di rifugiati a Castronno e insieme a questa le terribili immagini di Bruxelles. Sono profondamente convinta di quanto tutto sia ormai strettamente interconnesso. L’importante è però trovare la prospettiva giusta, che non è quella della paura e del chiudersi in casa propria ma quella di comprendere e gestire in modo consapevole e aperto i cambiamenti.

  3. Avatar
    Scritto da Rolo

    Viaggi e viva in giro per il mondo Francesca (e se va in qualche altro Paese al ristorante non cerchi un piatto di pasta per poi lamentarsi che non è buono; mangi il cibo che la cultura locale le offre, sarà sicuramente ottimo perchè ha la sua tradizione) , e la sua mente non resterà ottusamente provinciale ma si aprirà alla vera libertà di pensiero e di oggettiva espressione; continui così e la sua vita sarà grande. Buono studio e buona fortuna!

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