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Diffusione del Coronavirus, quali le cause?

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8 Aprile 2020

Caro Direttore ,
nell’ultimo ventennio, a partire dalla Sars del 2003, alcune altre pandemie si sono susseguite a livello mondiale, seppur circoscritte in specifiche aree geografiche del globo. La pandemia generata dalla diffusione del coronavirus sta invece determinando un impatto generalizzato su tutti i continenti, producendo altresì un interferenza “imprevista” nella quotidiana dinamica dei bisogni e della produzione.

E’ questa interferenza che ha generato approcci e strategie di risposta diversificati tra gli stati, anche se è lecito domandarsi perchè il dossier “A world at risk”, redatto da una commissione di esperti voluta dall’ Oms e dalla Banca mondiale, che prevedeva già a settembre 2019 ” la minaccia reale di un agente patogeno respiratorio altamente letale ” e quindi la possibilità di una pandemia globale, sia stato letteralmente ignorato da parte degli stati e dagli organismi sovranazionali.

Come è noto nel capitalismo globalizzato le ragioni dell’economia prevalgono su quelle della vita, come d’altronde ci spiega eloquentemente l’ultimo numero di The Economist con l’editoriale “A grim calculus”.L’approccio spavaldo assunto da Trump e Johnson, che in un primo tempo hanno sostenuto ” bisogna lasciar correre il virus ” ed altre scellerate corbellerie, si è repentinamente convertito in tutt’altre direzioni.

Tanto che nelle prossime settimane vedremo in queste nazioni, ove la sanità è privatizzata e dominata dalla perversa logica del mondo delle assicurazioni, quali conseguenze si determineranno sul piano della mortalità di quelle popolazioni.In Europa il nostro paese è stato il primo, per via dell’interconnessioni determinate dalla globalizzazione economica e dalle catene del valore organizzate dalle multinazionali, ad essere colpito dal virus, con l’epicentro situato proprio nella nostra regione.

L’emergenza o catastrofe sanitaria in corso, analogamente a quel che sta accadendo in Spagna, ha due spiegazioni tra loro concatenate. Dal 2010 al 2016 sono stati cancellati 70000 posti letto, chiuse 175 unità ospedaliere, ridotte le ASL da 642 a 101 nel 2017 sulla base dell’aziendalizzazione del comparto sanitario, ovvero di quella mercificazione del bene indisponibile della salute, sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, stante la brutale applicazione delle direttive imposte dal pensiero neoliberista.

In Lombardia, invece, le conseguenze dello pseudo- federalismo sanitario introdotto con la riforma del titolo quinto del 2001, ha prodotto , complice il sodalizio criminoso finalizzato a distrarre risorse finanziarie per intascare degli illeciti proventi con a capo Roberto Formigoni, l’accreditamento del privato in sostituzione del pubblico. Con tutte le drammatiche e letali conseguenze di cui siamo tristemente spettatori.

Il comunicato inviato lunedì 6 cm dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri alla Regione Lombardia e alla stampa mette una pietra tombale sul cosiddetto modello lombardo della sanità, poichè evidenzia come “la sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate a livello regionale “.

Con buona pace dei populisti nostrani, fautori della devastante ipotesi dell’autonomia differenziata, fortunatamente la tragica esperienza della frammentazione regionale del servizio sanitario può rilanciare un percorso virtuoso che riassegna allo Stato centrale le competenze in materia di sanità, invertendo la tendenza storica al definanziamento della quota di spesa a bilancio. Che poi siano venuti nel nostro paese e in particolare in Lombardia medici ed infermieri cubani, russi, albanesi, cinesi, la dice lunga sulla demagogia dello slogan ” prima gli italiani “, in quanto a fronte di eventi globali servono risposte corali, improntate alla solidarietà tra le persone e i popoli.

Infine, in attesa del vaccino, una riflessione deve essere sviluppata, senza reticenze, sul perchè si sviluppano e si teme si svilupperanno ancora pandemie di questa natura devastante. La deforestazione galoppante, gli allevamenti industriali, l’urbanizzazione selvaggia, la distruzione degli ecosistemi, prodotti della ricerca di uno smisurato profitto da parte delle multinazionali di ogni settore, sono tra le cause scatenanti di questi eventi morbosi, con cui dovremo convivere nei prossimi decenni anche in ragione del surriscaldamento climatico.

Allora, già nel 1972 il Club di Roma, sotto la guida dell’industriale ed economista illuminato Aurelio Peccei, aveva stilato ” Il rapporto sui limiti dello sviluppo “, indicando le conseguenze a cui l’umanità sarebbe andata incontro, dato un certo modello di produzione ed uno sfrenato e insensato consumismo. A distanza di quasi cinquant’anni è davvero significativa la discesa in campo del movimento Friday for Future, perchè , promuovendo mobilitazioni in ogni continente , ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale queste tematiche nodali per il nostro futuro.Pertanto il dopo coronavirus, oltre ai problemi economici e occupazionali che si dovranno certamente affrontare con doverosa urgenza, impone, in un mondo segnato dal susseguirsi degli ” eventi estremi “, un globale ripensamento dei modi di produzione, di consumo, di vita dell’intero pianeta, a partire dall’Occidente in cui ci è dato di vivere .

Fraterni saluti,
Gian Marco Martignoni

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