Gli emuli di Tersite
12 Dicembre 2008
Gentile direttore,
vi sono lettere che un giornale deve pubblicare in forza dell’articolo 21 della Costituzione, ma che rappresentano tuttavia, tanto per la forma quanto per il contenuto, un vero e proprio ‘vulnus’ all’intelligenza e alla moralità dei lettori.
Quindi, proprio perché non bisogna dimenticare che Tersite fu il protomartire di questa variante della libertà di espressione, bene ha fatto (e fa) il Suo quotidiano a pubblicare lettere che per la rozzezza intellettuale che rivelano, per il culto monomaniacale del ‘particulare’ cui rendono omaggio con una devozione degna di miglior causa, e per la piccineria etica da cui sono irrimediabilmente contrassegnate, costituiscono altrettante manifestazioni di una sindrome che si può qualificare come tersitismo ideologico-culturale.
Omero, parlando di Tersite, sottolinea che «non venne a Troia di costui più brutto / ceffo; era guercio e zoppo, e di contratta / gran gobba al petto; aguzzo il capo, e sparso / di raro pelo»; descrive, poi, l’atteggiamento vile e disgustoso di chi, vivendo nell’ombra, senza essere baciato dalla luce della nobiltà, si sfoga svillaneggiando gli eroi e viene perciò giustamente punito da Ulisse; dopodiché il poeta non si curerà più di questo personaggio repulsivo e arrogante. Purtroppo, a differenza di Tersite che appare e scompare nel II canto dell’“Iliade”, i suoi omologhi locali sono frequentatori assidui (e perfino compiaciuti) di questa rubrica. Felicitandomi dunque per il fatto che, grazie ai princìpi della convivenza democratica garantita dalla Costituzione italiana, non ricevano (se non sul piano letterario e simbolico) la lezione che Tersite ricevette da Ulisse, ma disperando, nel contempo, che le loro ‘performance’ possano affrancarsi dalle opprimenti catene di una ‘forma mentis’ in cui lo spirito retrivo si sposa a un cieco efficientismo, a un occhiuto autoritarismo e a un linguaggio spesso plebeo, auguro loro di continuare a marcare nel modo consueto la porzione di territorio che sono riusciti a conquistarsi all’interno di questa rubrica, e prendo congedo dagli stessi con i miei migliori saluti*.
Odysseus
* La formula allocutiva, lungi dall’essere l’equivalente epistolare del ‘falsetto’, va intesa nel suo preciso significato letterale, giacché è incontestabile che i nostri avversari, ancorché le loro proporzioni siano quelle di Tersite, contribuiscono, in qualche misura, a renderci migliori.
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