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(In)sicuri

molestie sessuali
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6 Ottobre 2016

Egregio Direttore,

onestamente, ho tentennato molto prima di inviare questa lettera. Ho cancellato e ricancellato frasi su frasi per mille e mille volte, e poi per cento ancora, sicura che le mie saranno irrimediabilmente parole lanciate al vento, pioggerellina che a stento si fa sentire, che sfiora tutti ma che non bagna realmente nessuno.
Poi però ci ho ripensato, e mi sono resa conto del fatto che -nonostante io ami parlare molto-, solo attraverso la scrittura riesco davvero ad esprimere quello che provo e che sento, e che una parola scritta nero su bianco ha un potere immenso: rimanere perpetua nel tempo e non cancellarsi mai.
Sono un’universitaria come tante altre, che si sposta ogni giorno con i mezzi pubblici per raggiungere la propria facoltà, attività stancante e dispendiosa (di tempo e di denaro), ma che viene ripagata con la soddisfazione del raggiungimento di un obiettivo che poi così tanto lontano non è.
Prendere i mezzi e avere a che fare con una metropoli come Milano, così tanto diversa dalla mia città, per me -varesotta di nascita- non è stato poi così tanto traumatico, nonostante comunque abbia richiesto l’attitudine all’abitudine ed all’adattamento.
Non ho mai avuto terrore di spostarmi, utilizzare mezzi comuni, avere a che fare con migliaia di persone che non conosco.
Non prendiamoci in giro però, è sempre necessario avere non due occhi ma cento, e dare sempre ascolto alle raccomandazioni dei genitori che, per quanto possano sembrare noiose seccature sono utili a riflettere ed a prevenire.
Ma se prevenire non bastasse? se spostarsi in un vagone nel quale ci sono famiglie, bambini e ragazzi non servisse? se fingere di parlare al telefono davanti ad occhi indiscreti ed intimidatori stimolasse ancora di più l’accanimento di questi su di sé? se si fosse costretti ad alzare la voce per chiedere aiuto e non si ricevesse comunque alcuna risposta di conforto e tutela? se ci si privasse di utilizzare treni ed autobus nelle ore serali, e si subissero molestie alle 15:30 del pomeriggio in un treno pullulante di persone?
A cosa serve prevenire? a cosa serve pagare alacremente un servizio quando c’è chi non lo fa e non viene punito? che senso hanno i controllori se lasciano il beneficio del dubbio a chi sembra sprovvisto di biglietto? che senso ha parlare di tutela, prevenzione, sicurezza, quando una ragazza di 19 anni non si sente sicura a camminare per le strade della propria città, a scendere le scale di un sottopassaggio, a rimanere sola nella carrozza del treno? Che senso ha viaggiare ogni giorno con la consapevolezza del fatto che non si è mai sicuri al cento percento?
Finché non ci sarà una vera attenzione e vero interesse riguardo questa questione, finché lasceremo salire sui mezzi pubblici qualunque persona voglia senza controlli né istituiremo una sicurezza presente per tutto il tragitto del viaggio, continueremo a sentirci sotto bersaglio, sbagliate, inadatte. Non importa se indossi un vestitino, un paio di jeans, una tuta, un poncho o una camicia attillata. Non c’entra, non ha valore. Non è un deterrente.
Continueremo a piangere vittime di molestie e soprusi quando questi saranno già avvenuti, quando toccheranno direttamente noi, perché siamo certi del fatto che sia stato un caso, che ‘’quella mano lì non era gesto intenzionale’’, cominceremo a prevenire, ma prevenire davvero, tra un bel po’. O forse anche subito, quando malauguratamente, fatti del genere capiteranno anche ‘’a chi conta davvero’’, chi ha realmente potere decisionale, voce in capitolo. Ma forse allora, sarà già troppo tardi.

Grazie per l’attenzione,
Veronica

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