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La storia di piazza Repubblica

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10 Ottobre 2007

Sono una piazza, una grande piazza di una Cittadina di provincia, mi chiamo Repubblica. Come tutte le piazze sono circondata da case, su di me si affaccia addirittura una caserma, ma si quella dei soldati; ora è vuota, ma un tempo!!!
Quante cose ho visto!
Quante persone!
Avevo degli alberi tutto attorno con sotto delle panchine e un monumento ai caduti.
Non sono mai stata molto bella ma ricordo ancora quando c’era il mercato. La gente veniva da me, guardava e cercava fra i banchi multicolore. Poi in primavera si fermavano le giostre, ed era una festa. I bambini correvano, la musica e le risa mi rallegravano.
Poi tutto cessò, rimase solo una fila di bancarelle, dei negozi e dei chioschetti. Di tanto in tanto veniva piazzato un palco per comizi e manifestazione allora era un’altra festa, bandiere colori grida risate, a volte anche insulti ma il tutto mi rendeva allegra. Il più delle volte però ero solo un parcheggio triste e monotono. Le persone mi attraversavano frettolose solo pochi anziani sedevano sotto gli alberi frondosi.
Vennero le ruspe, delle grosse gru, devastarono tutto, mi svuotarono scendendo al mio interno, imbrigliarono l’acqua che zampillava ovunque. Gettarono calcestruzzo e lentamente mi diedero un altro aspetto.
Costruirono un centro commerciale, un grosso parcheggio.
Crearono belle aiole, una fontana, un piccolo vialetto alberato mi circondava, posarono delle panchine, costruirono dei gradoni a mo di teatro, ma non c’era anima. Troppo grande e triste, non un gioco, non un posto per ritrovo, chi avrebbe deciso di animarmi? di sedersi a guardare … cosa? Di portare i bambini a fare … che?
Grosse crepe apparvero sulla facciata della Caserma, ma non venne restaurata , solo transennata e lasciata li.
Ero sola, non c’erano ne festa ne grida, solo saltuariamente accoglievo dei manifestanti, ma via loro, solo frettolosi passanti mi attraversavano e i soliti anziani sedevano sulle panchine sotto le esili piante che crescevano lentamente così soffocate dal cemento. Mi sentivo sola, uno spazio vuoto, inutile.
Arrivarono altre persone la sera cercavano di cancellare la loro solitudine parlando e bevendo.
Ma improvvisamente ecco arrivare dei giardinieri. Con seghe e ruspa tagliarono le piante, mi spogliarono completamente della mia piccola ricchezza, rimasero solo delle siepi basse e insignificanti e spelacchiate, spensero la fontana.
Nelle calde giornate d’estate non vennero neppure i soliti anziani a sedersi all’ombra delle esili piante.
Anche i piccioni volarono altrove e i passanti sempre più frettolosi mi attraversano, perché dovrebbero sedersi su panchine arroventate.
Ora sono ancora più sola, più brutta e più inutile che ne sarà di me?

A questo punto nelle favole arriva la Fata Buona, con un colpo di bacchetta magica ripara la caserma, la trasforma in un centro per gli studenti universitari, in centro d’incontro polivalente per anziani, un asilo nido ……. Ripiantuma Repubblica , riaccende la fontana crea angoli accoglienti per rilassare e rinfrescare i passanti nelle calde notti d’estate, crea giochi per i bimbi, e per l’inverno inventa mercatini colorati, tutti si siedono nei bar all’aperto cullati da piccole orchestrine, a parlare e a raccontarsi per cercare di capirsi e cancellare le solitudini, e tutti vissero felici e contenti.

Ma questa non è una favola, la realtà è solo una Piazza troppo grande, devastata non so per quale motivo con una caserma grande, fatiscente, con mille progetti mai realizzati, che aspetta solo di essere abbattuta per far posto appena sarà possibile a un centro commerciale o a qualche condominio.

Dabalà Cosetta

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