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La Varese del futuro: dalle vocazioni Territoriali ad un Progetto di Marketing Territoriale

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6 Giugno 2021

Egregio Direttore,

leggendo la sua testata ci si accorge che i valori storici, ambientali e culturali del territorio varesino sono sempre più al centro del dibattito pubblico. In alcuni casi, però, l’analisi viene affrontata senza il necessario approccio valutativo sistemico. Per questo mi piacerebbe poter dare il mio contributo con alcune considerazioni sull’importanza del concetto di sistemico, ovvero di rete, ovvero di messa a sistema delle valenze urbane, a guisa di un museo territoriale, simile – passatemi la metafora – alla spirale genetica del DNA, dove i singoli cromosomi solo organizzandosi in una catena elicoidale e connettendosi, possono generare informazione utile a produrre un organismo capace di crescere nel tempo e modificarsi, per diventare poi autosufficiente e auto rigenerativo.

Allo stesso modo credo sia utile sottolineare che Varese e la sua provincia potranno positivamente evolvere ed esprimere al meglio le proprie doti e la capacità generativa di un’economia sostenibile, solo se gli assunti di base su cui il pensiero proiettivo e immaginativo nascerà e si svilupperà integrandosi con un’analisi ponderata degli indicatori di qualità urbana -presenti o da valorizzarsi- più funzionali a favorire stili di vita salutari e a basso impatto sull’ambiente, ma da organizzare in ambiti territoriali messi a sistema. Solo così si potranno favorire le scelte pianificatorie in grado di essere composte per iniziative territoriali omogenee, in gruppi semantici messi a sistema, non necessariamente per prossimità fisica, ma per vocazione culturale, per attitudine d’uso, per valenza di scala urbana, per tema “museale”, affinché pertanto si trascenda il particolare a favore di una visione sistemica.

In questo processo complesso di valorizzazione, diventa irrinunciabile dare un “genoma” comune alle differenti e variegate letture e caratterizzazioni progettuali di sviluppo urbano; un genoma, che sia espressione concreta delle istanze di qualità urbana più adatte ad esprimere i valori più pertinenti alle tematiche dell’Urban Health, della Smart City, della città a 15 minuti; e che scaturisca da un processo di analisi delle vocazioni territoriali più idonee ad essere organizzate secondo caratteri identitari culturali mirati a favorire la rigenerazione urbana e con essa una nuova socialità di qualità.

Questo ovviamente implica che la “Smart City”, ovvero accessibile, ecologica, salutare, accogliente e accattivante dovrebbe essere dotata di Qualità Urbana e di servizi diffusi sul territorio, in modo quasi omogeneo e senza discriminazioni, per poter essere efficace veicolo dei contenuti sottesi.

Se Varese già lo fosse, non sentiremmo la necessità di parlarne e accogliere tale argomento come uno dei più importanti di questo momento storico; in cui diventa irrinunciabile sottolineare che ogni scelta pianificatoria non deve mai sfuggire ad un controllo del sistema generale, inteso come organismo complesso e non come somma di singoli elementi, poiché è evidente che è il complesso delle scelte programmate e delle relazioni che tra esse si creano che può generare aggravio esponenziale di impatto ambientale, appesantendo di minacce il territorio e rendendo pertanto l’antropizzazione, a prescindere, quale istanza sempre più evidente di rilevante impatto negativo sull’ecosistema.

Questa attività pianificatoria dovrebbe, a mio avviso, essere esposta in modo anche divulgativo, in un documento direttore riassuntivo, utile ad evidenziare e organizzare i dati di politica ambientale di sviluppo economico sostenibile quale strumento principe per le scelte di antropizzazione, di ripristino e riqualificazione, non solo condividendolo con le comunità locali, ma anche verificandolo con quelle scientifiche.

Tale modalità potrebbe delineare gli obiettivi semantici dell’offerta culturale ricreativa del territorio, oltre che indirizzare le strategie amministrative di valorizzazione delle risorse architettoniche e ambientali locali a scelte armonizzate con le realtà comunali circostanti, così favorendo percorsi fruitivi a scala urbana ed extraurbana di significativo valore, declinati per modalità fruitive in una rete di relazioni e connessioni, valutabile e scomponibile su layers di consultazione differenti e sovrapponibili, per un rilancio del patrimonio locale omnicomprensivo! Ho avuto occasione in passato di redigere un documento sulle vocazioni territoriali, simile ad un piano di marketing territoriale, che mi ha aiutato a capire quanto sia importante costruire sulla stessa “tavolozza” percorsi esplorativi idonei a differenti “letture” del paesaggio urbano e territoriale nei suoi diversi livelli di antropizzazione.

Un tale strumento è anche molto utile, soprattutto per l’imprenditoria, per cogliere le opportunità di investimenti ad alto valore di sostenibilità, anche a medio e lungo termine. Questo consentirebbe agli stakeholders di avvicinare la provincia con maggiori certezze e con una visione di insieme ad ampio spettro che favorisca un approccio collaborativo in una strategia generale amministrativa territoriale ecosostenibile. Senza nulla contestare alle azioni puntuali messe in atto ad oggi, spesso di gran valore, che al momento non risultano, però a mio parere, esplicitate in una matrice organizzata d’insieme che includa anche il fattore tempo, rischiando, così, di perdere opportunità d’investimento, a favore di un gioco dello Shangai fatto con bellissimi legnetti lanciati a caso sul tavolo che vengono raccolti altrettanto casualmente da investitori poco sensibili ai temi di sostenibilità.

Di certo la mia è solo una voce tra tante, che sottolinea l’importanza di delineare ed esporre al grande pubblico, con strumenti idonei, scelte e politiche spesso troppo confezionate in documenti per “addetti ai lavori”; pertanto non vuole avere toni di rimprovero nei confronti di nessuno, poiché ritengo che questa amministrazione abbia contribuito a reindirizzare Varese su molti di questi temi a valore culturale e ambientale, ormai da tempo.

I primi passi dopo tanto tempo di confusione sono sicuramente i più duri da compiere, ma da ora forse, potremo pretendere di più per il futuro e organizzare la VARESE CHE SARA’ a partire dall’assunto “città sostenibile, città rigenerata e rigenerabile, città degli sport, del tempo libero e della cultura”.

Credo si possa immaginare che Varese, come altre città italiane, possa puntare ad essere sempre anche più città universitaria ed ampliare la sua offerta anche in questa direzione, offrendosi in tutto il suo splendore come appendice culturale “verde” al sistema milanese e collaborare col sistema accademico dei nostri vicini svizzeri, anche mediante programmi di studio che nascano come progetti pilota per nuove figure professionali in grado di muoversi agevolmente a cavallo dei territori transfrontalieri.

Ritengo, infine, occorra iniziare a pensare di trasformare alcune aree totalmente irrisolte di Varese, quale ad esempio la Valle Olona, ponendole al centro di attenzioni progettuali importanti, finalizzate a valorizzarla ed elevarla a spina dorsale orientale, con interventi di riqualificazione e rigenerazione globale di ampio respiro, quale potrebbe essere il progetto di un grande campus ricreativo e culturale a sviluppo lineare discontinuo, in grado di rappresentare anche un’occasione di sperimentazione di nuove modalità di compenetrazione natura e costruito, eliminando così i segni e le ferite di un uso improprio delle aree a maggiore qualità naturalistica del primo intorno urbano varesino, avuto luogo nella società dello sviluppo industriale di inizio 900.

Non di meno si potrebbero mettere a sistema i nostri parchi urbani e periurbani, con una proposta fruitiva che vada molto al di là del semplice ambiente naturale o verde storico di pregio. I nostri parchi pubblici dovrebbero poter vivere 365 giorni all’anno e a questo fine è necessario studiare soluzioni che lo rendano possibile; senza pregiudicarsi di ipotizzare strutture non a carattere temporaneo, capaci di innervare lo spazio verde di opportunità ricreative e culturali per molti tipi di utenza, facendo tabula rasa sui molti preconcetti stratificatisi nel tempo e nati da episodi speculativi del passato, di cornice non solo nazionale.

Preconcetti che hanno reso qualsiasi migliore intenzione suscettibile di perplessità, seppur ormai alieni alla nuova cultura dell’abitare e del vivere, in cui la valenza ambientale delle scelte amministrative politiche passa “in primis” il filtro della selezione di valutazioni di ecosostenibilità degli interventi plausibili.

Gianmarco Salerno Bellotto

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