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Le tavole della libertà e dell’amore

autunno letterario vedano olona
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6 Novembre 2015

Egr. Direttore
Ho appena terminato la lettura del libro di Paolo Ricca, “LE DIECI PAROLE DI DIO – Le Tavole della libertà e dell’amore”. Già il titolo è di per sé un programma: quelle che di solito ci venivano presentate come delle costrizioni – I Dieci Comandamenti – qui vengono definite le tavole della libertà e dell’amore. Poste così sono una sorta di rivoluzione copernicana. Ma a ben pensarci Paolo Ricca ha ragione: se noi viviamo nel rispetto delle parole di Dio, ci liberiamo delle schiavitù del denaro, dell’invidia, dell’odio e approdiamo nel mare immenso dell’amore di Dio, che vuol dire amare il prossimo e quindi essere felici. Nel caso contrario diventiamo schiavi dell’avere, del possedere, delle mode e di tutti i suoi vizi, incapaci quindi poi di amare e di essere felici.
Citando poi il nono (per Paolo Ricca i comandamenti quindi sarebbero secondo i suoi studi dodici anche se nel titolo parla di dieci) “NON RUBARE” Paolo Ricca ci dice che “originariamente questo comandamento si riferiva al furto di persone libere, per ridurle in schiavitù … quindi non rubare significa in primo luogo non rubare la libertà altrui”
Tutti noi siamo soliti pensare che questo comandamento riguardi i ladri, quelli che mascherati vanno a rubare negli appartamenti o che rubano nei supermercati. Ma il non rubare riguarda tutti noi, sia chi sta in alto e sia chi sta in basso. Senza poter fare una casistica dettagliata e completa, Paolo Ricca ci dice che “si ruba alzando arbitrariamente i prezzi delle merci, sottopagando le materie prime dei paese dove vengono prodotte,il che è un furto continuato da parte dei paesi ricchi nei confronti dei paese poveri. Si ruba nel mondo del lavoro, non pagando la giusta mercede agli operai, celandosi dietro al comodo mercato oppure non facendo il proprio dovere sul posto di lavoro, magari timbrando il proprio cartellino andandosene poi a spasso. Si ruba, frodando il fisco il che è quasi un’arte nel nostro paese oppure tassando selvaggiamente i cittadini, per cui lo Stato può diventare un grande ladrone. Si ruba pagando di meno del dovuto chi lavora o negando il lavoro a qualcuno o anche esercitando due lavori. Naturalmente però è vero che chi ha più potere ha anche più potere di rubare. E qui vediamo come l’intreccio tra furto e politica diventi molto concreto. Perché i più grandi furti avvengono proprio nell’ambito politico? Perché potere significa anche poter rubare. E qui in Italia il potere politico sta dando il più grande cattivo esempio”.
Come si vede il comandamento “Non rubare” ha un grande ventaglio di occasioni di trasgressione al punto tale che il ladro mascherato sembra essere un poveraccio che ruba in una società in cui tutti sono ladri, e che il rubare diventa un fatto quotidiano, perchè intanto rubano tutti.
In questi giorni, commentando gli scandali di MAFIA CAPITALE, un prestigioso esponente della magistratura, ha dichiarato che Roma non ha gli anticorpi necessari contro la corruzione. Con questa affermazione sembra quasi che burocrazia e corruzione siano diventati una sorta di simbiosi nel DNA di questa città, diventata capitale del malaffare, facendo morire qualsiasi speranza. Forse allora ci dovremmo domandare: perché una affermazione così grave? Chissà forse a Roma c’è un potere politico che scandalizza tutti i giorni i suoi cittadini facendo della corruzione una sorta di valore perverso. Ma c’è un’altra brutta domanda che dobbiamo porci: come mai nel centro mondiale della cristianità c’è un livello di corruzione così pazzesco? Non oso rispondere a questo interrogativo, perché rischio di dare risposte blasfeme. Comunque il libro di Paolo Ricca è da leggere con grande passione, soprattutto da parte di coloro che, leggendo il Vangelo, credono e sperano che si possa costruire una società in cui le persone siano capaci di rispettare il comandamento di Dio, “NON RUBARE”.

EMILIO VANONI Induno Olona

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