Oggi si rifa l’Italia o si muore
13 Dicembre 2013
Le proteste in corso dei cosi detti movimenti dei forconi misurano il termometro dello scollamento che si è definitivamente creato tra i cittadini e chi li dovrebbe rappresentare nelle istituzioni.
Per chi ha vissuto quasi tutta la vita repubblicana di questo Paese non ha mai assistito a un così forte rigetto nei confronti di un sistema che non viene più riconosciuto credibile ma paradossalmente contrapposto agli stessi interessi dei rappresentati.
E’ indubbio che le Istituzioni devono necessariamente avere una revisione che faccia fronte ad una società ed a una economia in forte e veloce trasformazione soggetta a sfide impensabili ai tempi dei nostri costituenti ma questo non può essere un alibi per delegittimarle in quanto sono l’impalcatura che sorregge uno Stato, tranne non volerne la sua estinzione.
Ma a questo punto uno dissoluzione dello Stato a chi gioverebbe?
Non sono le istituzioni da delegittimare ma i partiti che le hanno occupate trasformandole in un bancomat personale e delle numerose clientele che li sostengono.
Dobbiamo prendere atto che questo sistema basato sui partiti non è geneticamente in grado, ma forse non vuole, di riformare le Istituzioni a prescindere dalle volontà dei singoli politici, ne è la prova l’incapacità che dura da anni di mettere in pratica una azione comune e radicale il cui obiettivo sia solo l’interesse generale del Paese .
L’allontanamento e la separazione dell’apparato politico dei partiti dalle Istituzioni, lo snellimento della macchina burocratica dello Stato, una più semplice, chiara e limitata legislazione che liberi risorse economiche private, una riforma della giustizia civile che garantisca tempi brevi e certezze, un Parlamento formato da una sola Camera che possa svolgere velocemente la sua funzione legislativa, un federalismo non in funzione di gestione di potere e di risorse come clonazione del potere centrale , etc.. questi sono alcuni degli interventi che necessita il Paese
E’ incomprensibile l’accanimento del Presidente della Repubblica nel sostenere, costi quel che costi, l’attuale esecutivo che nei fatti è ancora legato a schemi e strategie che hanno fatto il loro tempo.
Un esecutivo che si comporta come il medico che vuole curare il paziente grave con solo l’aspirina.
Certamente non si deve nemmeno scaricare solo sull’Europa e sulla Germania questa crisi economica e di sfiducia per autoassolversi dalle proprie responsabilità poiché la classe politica tedesca di fronte alla sfida della globalizzazione ha saputo reagire al contrario della nostra.
Lo scontro pertanto non deve essere tra lo Stato e i suoi cittadini ma tra questi e chi li dovrebbe rappresentare in quanto il divario creatosi è tale che l’attuale forma di rappresentatività non garantisce più l’accoglimento delle istanze riformatrici che vengono dal basso.
Tutto ciò è aggravato certamente da una crisi economica che la politica dei partiti non è in grado di gestire , presi come sono dai loro interessi di bottega e di sopravvivenza.
Il Paese oggi è ha un bivio dipende solo dai suoi cittadini e dalla loro necessaria consapevolezza che occorre cambiare mentalità per dare un futuro alle prossime generazioni e l’unico strumento ancora rimasto in mano ai cittadini è il voto.
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