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Noi, operatori dentro all’Anaconda, meritiamo rispetto per il nostro lavoro

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20 Luglio 2021

Caro direttore,

…poi ci siamo noi, gli altri, gli educatori, ASA ed OSS dell’ Anaconda, quelli del centro residenziale, del centro diurno di Varese e del centro diurno di Malnate.
Noi che non possiamo non leggere l’odio che anche verso di NOI si riversa dalla rete e dalle bocche degli opinionisti, noi che attendiamo che la giustizia sia fatta dal giudice e non accettiamo la condanna a priori di chi nulla sa, se non quello che ha letto sui giornali o visto da pochi, pochissimi minuti di registrazione.

Noi che quei sette di cui con tanto odio si parla li conosciamo, che abitano la nostra testa e il nostro cuore perché sappiamo chi sono, sia come persone che come professionisti.
Noi che stiamo proseguendo nel nostro lavoro perché sì, essere educatori, ASA, OSS è un lavoro, non una missione, così come per esempio non è una missione essere insegnante (e chi è davvero educatore, asa, oss e/o insegnante questa cosa la sa e la pensa pure), è un lavoro per cui ci si prepara studiando e che si impara davvero soltanto lavorando.

Ci siamo noi per cui le persone con cui lavoriamo sono PERSONE, nomi, volti, sguardi, caratteri, emozioni. Sono i nostri educandi e sono i nostri educatori, perché mentre noi educhiamo loro, loro educano noi.
Noi che con loro procediamo lungo il cammino, INSIEME.
Noi che sappiamo (o almeno ci proviamo) ascoltare i loro sguardi e le loro parole a volte poco chiare, che li sosteniamo, li curiamo, li accudiamo, li AMIAMO. Sì perchè noi vogliamo bene ad ognuno di loro, ci sono entrati dentro, anche chi non c’è più.

Ci siamo noi che con loro attraversiamo i momenti di crisi, sussurrandogli nell’orecchio parole di rassicurazione per superare la paura e il vuoto che queste crisi lasciano.
Ci siamo noi a fronteggiare la loro ansia, la loro paura e il loro dolore che a volte diventano rabbia verso di loro e verso di noi. E allora ci siamo noi a fermare le loro mani mentre si picchiano, a fermarli perché non si facciano male mentre sbattono (letteralmente) la testa al muro. E ci siamo noi a fermarli quando questa rabbia la rivolgono su di noi, e abbiamo sulla pelle le cicatrici dei graffi o i lividi dei colpi, ci fanno male dita, braccia e colli strattonati ma siamo lì e alla fine comunque gli vogliamo bene e ripartiamo da lì, da dove eravamo rimasti.

Noi che nonostante tutto “Io questo ragazzo lo adoro!” anche se abbiamo un graffio di 20 cm che ci corre lungo il corpo, se siamo stanchi e demoralizzati.
Noi che ci pensiamo, ragioniamo, ipotizziamo perché vogliamo tentare di migliorare le cose e farlo stare meglio.
Noi che ogni giorno sorridiamo ai familiari, accogliamo i loro figli ma anche loro, le loro storie, le loro rabbie e i loro dolori. Noi che alla loro fatica teniamo e che su questa fatica, se possiamo, tentiamo di non aggiungere macigni.
Noi per cui i nostri ospiti sono il quotidiano, un pezzo di cuore e di vita.
Noi che con loro festeggiamo compleanni e lieti eventi.
Noi che li consoliamo per le loro perdite.

E poi ci siete voi, leoni da tastiera, giudici senza toga che parlate con parole di odio, che ci giudicate tutti mostri anzi, i mostri in confronto a noi non sono nessuno, che avete nei nostri confronti una violenza verbale inaudita, verso di noi che di male non ne abbiamo fatto a nessuno.

Rispettate per favore NOI e il nostro LAVORO, permetteteci di continuare ad essere fieri di noi e dei nostri ragazzi, rispettate L’ANACONDA che è più grande di quello che pensate, che da 40 anni lavora con dignità per rendere migliore la vita di molte persone.

Mara, educatrice al Centro Diurno Disabili Paolo VI di Varese

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