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Ripensiamo a nuove forme di lavoro e al ruolo indispensabile della noia

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15 Marzo 2020

Giorni strani, intrisi di preoccupazioni, apatie tratteggiate tra un pensiero e l’altro, una notizia alla tv, un altoparlante per le strade, qualche dato che ci mette di fronte, se intelligenti, alla nostra incapacità di leggerli, da non professionisti: questi sono i giorni del Covid 19 e della responsabilità individuale.

Ognuno di noi, immerso in una quotidianità piena, assordante e assillante, è in queste ore di immobilità costretto alla riflessione, perché, obbligato a uscire dal proprio atteggiamento egotico inconsapevole quotidiano, è responsabile del contesto comune. Ecco che, da un giorno all’altro, la richiesta del cambio di abitudini ci mette allo specchio della nostra pochezza, intesa come difficoltà al cambio di prospettiva, di abitudini sociali e di routine. Allo stesso tempo, chiamati a fare ciascuno la propria parte, ci accorgiamo, in senso positivo, del ruolo coscienziale che abbiamo nei confronti di una comunità spesso percepita come altra o come data da poteri superiori.

Insomma, da una parte, in negativo, la nostra totale immersione nella vita di tutti i giorni di cui ci accorgiamo solo ora, insieme alla difficoltà del cambiamento di abitudine e alla consapevolezza della scarsa capacità di riflessione quotidiana, dall’altra, in positivo, il potente ruolo del singolo in una rete di complessità (relazionale, golabale, lavorativa) di cui forse ci rendiamo conto solo ora, e finalmente. Tenendo presente che la negatività del primo punto è ora superata dalla creatività e riflessione che nasce dalla noia, o dalla nausea (sartriana), se osserviamo il secondo punto nascono spontanei alcuni spunti di pensiero. Anzitutto, il ruolo controverso della globalizzazione: da un lato ci rendiamo consapevoli della facilità di circolazione delle persone e della difficoltà nel bloccarle, soprattutto per questioni lavorative (strano destino il fatto che la malattia abbia vaggiato in business class e non sui barconi). Dall’altro lato, la facilità di condivisione delle informazioni ci sta aiutando a combattere uniti una battaglia a cui nessuno era preparato e il ruolo dei social e della velocità di circolazione delle news si fa in queste ore promotore di nuove forme informative, finalmente chiamate alla responsabilità del contenimento del panico, della correttezza e dell’unione. E così si aprono anche nuove forme lavorative, dallo smartworking all’incontro per via telematica. Se da questo non possiamo che trarre benefici in termini di innovazione e ripensamento di forme obsolete in un mondo ormai complesso e stratificato, ci rendiamo conto oltremodo del valore del contatto umano, visivo, di persona, mai come ora messo sotto pressione.

Il contatto con la pratica residuale del nostro lavoro, il confronto immediato con il viso del nostro alunno, la socialità di una piazza unita in una risata: ci abbiamo mai pensato? O questo è proprio il sale del quotidiano, quando in realtà pensavamo di potercela cavare da soli, noi e il nostro pc, noi e la nostra capacità di guidare da un posto all’altro, noi e la nostra possibilità di acquistare viaggi. Ripensiamo, quando la “normalità” sarà ripristinata, al nostro valore di singoli nel collettivo, come alla nostra pochezza di singoli rispetto a un collettivo che ci ingloba. E nel flusso di questi pensieri, ricordiamoci di ripensare a nuove forme di lavoro, al ruolo indispensabile della noia e del tempo lento per la nostra creatività e della nostra inconsapevolezza mentre corriamo, quando forse, fermarsi, è l’occasione di una nuova rinascita consapevole.

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