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Tutti siamo migranti

Migranti
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10 Dicembre 2018

Egr. Direttore,

nelle scorse settimane ho partecipato al Corso multidisciplinare di educazione allo sviluppo organizzato da Unicef presso l’università di Varese.

Il tema era “Integrazione e partecipazione  – Donne e Minori stranieri non accompagnati“. Cinque lezioni svoltesi il mese scorso con diversi docenti, certamente interessanti, dove il tema era la questione dell’immigrazione, tema centrale in tutti i paesi del mondo, e che sta mettendo a rischio tutte le istituzione dei  paesi occidentale, basti pensare alla Brexit, ma che sta scuotendo le fragili istituzioni europee, costrette oggi a doversi confrontare con il ritorno di fenomeni razzisti e xenofobi.

Il corso è stato ripeto interessante ma non ha suscitato un dibattito tra gli studenti presenti, circa una trentina, sia per l’indirizzo di chi ha tenuto le lezioni e sia da parte degli studenti, forse solo interessanti ad acquisire i loro punteggi nel loro percorso formativo, con una evidente partecipazione molto passiva. E questo lo ritengo un grosso limite da parte di coloro che saranno chiamati domani a costruire il loro futuro.

In cinque lezioni non c’è stato nessuno studente che non solo è intervenuto ma nemmeno ha fatto una domanda! Un vero peccato, una grande occasione mancata per educare i giovani alla politica, quando servirebbero veramente tanti giovani responsabili impegnati per il bene del nostro paese educati alla nonviolenza. E non solo distratti dai nuovi strumenti tecnologici.

Sono stato di fatto l’unico partecipante non studente, con la sensazione di essere un  giovane dai capelli bianchi, in un’assemblea di vecchi poco più che ventenni.

La fiaccolata di questa sera a Varese, sui diritti umani,  mi impedisce di partecipare alla chiusura del corso. A questi studenti lascio le parole tratte da un libro bellissimo che invito tutti gli studenti a leggere: “I narcos mi vogliono morto” di Alejandro Solalinde:

“Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’Uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” ( Mt 20,28).

“I migranti sono un segno dei tempi. Sono vittime del neoliberismo selvaggio che ha divorato il loro paese d’origine e li ha costretti a lasciarlo. In questo senso, sono testimoni di un mondo in disfacimento, ne portano le ferite nella loro carne. Al contempo, però, i migranti sono i pionieri del futuro. Anticipano, con la loro ostinata resistenza, la possibilità di una nuova società. Perché? Perche hanno il coraggio di rischiare. I migranti rischiano il tutto per tutto, in nome della vita, per se stessi e per le loro famiglie. Sono i più indifesi, gli eterni esclusi, eppure non si fermano, vanno avanti, camminano, confidano in una forza che, comunque la chiamiamo, solo Dio può infondere. Il loro viaggiare, invincibile e dolente,rammenta a noi, ormai accomodati e aggrappati alle nostre certezze, che siamo tutti pellegrini. Tutti siamo migranti.

Il sistema dominante – la religione del denaro – ci ha anestetizzato il cuore, ci ha tolto la luce, ci ha tolto Dio.  Il Dio della vita, e lo ha sostituito con un idolo. Ci ha tolto gli altri, avvelenando le relazioni e trasformandole in una gara cieca e senza senso. In questa nebbia, i migranti rappresentano una luce. Forse l’ultima, prima di essere inghiottiti dal buio. Possono salvarci, se glielo permettiamo.

Perché? Perché non hanno paura. Non hanno nulla da perdere: il sistema gli ha già strappato tutto. Sono dunque costretti ad andare all’essenziale. Lo imparano lungo il cammino, fra atroci sofferenze. Noi, invece, siamo perennemente terrorizzati. Temiamo di perdere di perdere il denaro, il benessere. La paura ci paralizza. Rendendoci ancor più schiavi di questo sistema disumanizzante. Innalziamo un muro e ci chiudiamo dentro. “Non possiamo farli entrare tutti, se no a noi che resta?” ci ripetiamo. O noi o loro. Questo ci hanno fatto credere.

Non è così. Da soli chiusi a doppia mandata nelle nostre isole blindate, viviamo paralizzati dal terrore. O, ancora, ci illudiamo di vivere. Non è troppo tardi, però. Possiamo e dobbiamo avere il coraggio di rischiare un po’ del nostro benessere per restare umani. Non più noi o voi, ma noi e voi, io e l’altro. Insieme. O ci salviamo insieme tutti o tutti verremo travolti. E’ una scommessa forte. Ma ne vale la pena.”

Emilio Vanoni – Induno Olona

Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da guelfo_ravani

    Ci hanno fatto credere :”o noi o loro”, ma non è così. Ci vuole il coraggio di andare controcorrente donando qualche briciola del nostro benessere alle persone che hanno veramente bisogno d’aiuto e che hanno sofferto i forti disagi delle migrazioni.
    Per sensibilizzare ed educare i giovani all’impegno nella politica non è certo con la semplificazione dei problemi difficili che possiamo entusiasmarli e convincerli che è anche un loro dovere. I nuovi strumenti tecnologici potrebbero essere di valido aiuto per i diversi educatori.

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