La Magari Domani ONLUS nasce nel 2008 come organizzazione di volontariato dedita alla gestione del tempo libero di giovani persone con disabilità. Negli anni ha offerto spazi di incontro e di convivialità che si sono arricchiti sempre più, sia in termini di eventi che in termini di risorse umane volontarie, permettendo di offrire supporto a tante persone. Le proposte di questa organizzazione di volontariato sono state recepite da molte famiglie del territorio, che hanno arricchito sempre di più la possibilità di crescita della stessa organizzazione.
Ad oggi l’associazione conta circa quaranta volontari con le loro splendide famiglie arrivando ad occuparsi di circa 60 persone con disabilità attraverso sette incontri mensili, in cui si passa da varie attività come lo sport, i laboratori artistici e le cene conviviali.
Il percorso della Magari Domani ONLUS ha poi avuto una spinta inattesa ma necessaria a rispondere sia alle necessità dell’utenza, sia per incanalare le energie delle tante persone volontarie incontrate facendo così nascere nel 2014 la cooperativa omonima.
La sua definizione è stata da subito “ad oggetto plurimo” cioè una cooperativa capace di offrire una duplice esperienza: una con la parte del lavoro in cui attualmente sono assunte 6 persone con disabilità, l’altra con un servizio alla persona (il Servizio di Formazione alle Autonomie) in cui accompagnare alla scoperta l’utenza della propria adultità. Pochi anni dopo la nascita di quest’ultimo, visto l’alto numero di persone iscritte al servizio alla persona, la cooperativa ha aperto un altro servizio, il Centro socio educativo.
In questi anni la cooperativa ha avuto modo di sperimentare e far sperimentare alle persone di cui si prende cura alcuni momenti al di fuori del proprio contesto familiare, partendo dalla quotidianità condivisa, dalla ricchezza e dalla fatica della socializzazione, dal tentativo di diventare protagonisti in uno spazio tutto nuovo fino alla possibilità di sperimentarsi nelle proprie abilità domestiche. All’interno di questo progetto del Dopo di Noi, sono state evidenziate una serie di possibilità pian piano esplorate ma, allo stesso tempo, si sono aperti nuovi ambiti di ragionamento, nuovi dubbi e una analisi più completa sul futuro possibile per le persone di cui ci prendiamo cura.
La sperimentazione diretta di questa esperienza offre un nuovo punto di vista alle famiglie che potranno così STARE, OSSERVARE e ARRICCHIRE il loro pensiero sul possibile futuro del figlio. Nei vari servizi lavoriamo sulle competenze, sulle sfide quotidiane alla possibilità, cercando di motivarci al riconoscimento di ciò che siamo: ragazze e ragazzi di più di 20 anni che hanno desideri e bisogni; bisogni che arrivano dal nostro essere persone adulte. La ricerca della persona amata, di relazioni amicali, il sogno del lavoro, il sogno della patente, il sogno di una famiglia propria.
Siamo così abituati al sogno che si è persa la spinta che ci proietta verso di esso, quel fuoco che arde e che alimentiamo con la reale possibilità di tendere a ciò che sogniamo. Sogni che normalmente sono pochi (quanti sogni può custodire un piccolo cassetto di una scrivania), non perché sia brutto averli ma perché spesso il sogno si identifica in qualcosa di irraggiungibile, mentre la vita è spesso fatta di traguardi più che di mete fuori portata. Ma nella nostra società rischiamo di occupare il tempo delle persone con disabilità senza supportare le stesse nel GUARDARE IL POSSIBILE.
Non servono laboratori in cui facciamo mentre sogniamo altro, servono esperienze vere ma vicine alle nostre capacità, così vicine da essere possibili e riconoscibili, che allo stesso tempo ci facciano vedere il sogno possibile da raggiungere facendoci tendere ad esso. Smettere di sognare l’irraggiungibile costruendo una vita vera, di elementi alla portata, di piccoli ma veri traguardi da poter reinserire nel nostro percorso di crescita. Offrire esperienze desiderabili, costruire insieme la possibilità da riconoscere come nostra.
In poche parole, smettere di vivere tutto come un sogno ed iniziare a credere nel nostro potenziale, occupandoci di desiderare il possibile. Invece spesso ci perdiamo nel sogno senza riuscire ad accorciare le distanze tra il voler essere e ciò che siamo.
Come ricreare questa “scintilla”? Come poter riavvicinare il possibile a ciò che siamo? Come possiamo desiderare qualcosa che non abbiamo ma che possiamo sentire raggiungibile? E più precisamente: Il lavoro educativo qual è?
Queste esperienze devono avere l’arduo compito di riaccendere una scintilla evolutiva che si è sopita nel tempo ma che va assolutamente riossigenata attraverso la visione di nuove possibilità, attraverso un reale incontro con sé stessi che ci aiuti a desiderare ciò che subito dopo possiamo vivere come ipotesi da costruire insieme.