Campioni,
dirigenti e tecnici dello sport a confronto su un tema
"caldo" del nostro tempo: la scomparsa della figura
della "bandiera", del giocatore-simbolo che incarna
una squadra. Un mito del basket come Cecco Vescovi, Ernesto
Ramella, a lungo bandiera del Varese come calciatore e come
tecnico, Giancarlo Bianchi, presidente del Softball Club
Saronno e organizzatore dell'europeo dell'anno scorso nella
città degli amaretti, Savina Pasciuti, presidentessa del
Tradate Calcio femminile, coordinati dal giornalista Antonio
Franzi (Gazzetta e La 6, per limitarci al campo sportivo),
hanno messo a confronto le loro diversissime esperienze.
Franzi ha lanciato come
"esca" agli ospiti alcune considerazioni sulla
sentenza Bosman, che a suo dire ha avuto conseguenze negative,
finendo quasi per cancellare le "bandiere" da tutti
gli sport in cui ha trovato vasta applicazione. Vescovi ha
denunciato l'uso che della sentenza Bosman hanno fatto le
società di basket, utilizzandola per abbassare i costi
reclutando all'estero giocatori "più economici".
Risultato: l'indebolimento dei vivai e, in pratica, la
mancanza di ricambi per una Nazionale che pure ci ha appena
dato enormi soddisfazioni in quel di Atene. Ramella, da par
suo, ha ricordato che oggi molto è cambiato dai tempi della
sua giovinezza; le squadre non hanno più l'interesse a
crescere i giovani se chiunque se li può portar via a
parametro zero a diciotto anni... Di questo passo, dopo il
ritiro di Maldini non ci saranno più "bandiere".
Savina Pasciuti ha portato la
sua testimonianza dal mondo del calcio femminile, lontano
mille miglia dai capricci e dai miliardi dei colleghi maschi.
Ragazze che non vedono un centesimo, la domenica giocano
magari a Palermo o Cagliari e la mattina dopo sono di nuovo al
lavoro meritano grande rispetto. Il discorso è quindi
scivolato sul tema degli stranieri, e come sempre è emersa
l'ostilità verso la "colonizzazione" dei nostri
campionati, tanto nel calcio maschile quanto nel basket. Anche
Bianchi, nel commentare la controprestazione della nazionale
di softball ad Atene, ha citato difficoltà di integrazione
tra giocatrici italiane e le oriunde aggregata alla rappresentativa
tricolore.
Sull'interesse dei media il
giudizio è unanime: il calcio maschile soffoca tutto il
resto. Da una parte una copertura spasmodica e montagne di
miliardi, dall'altra due righe in cronaca quando va bene e la
dura vita del dilettante. «Spero che certe situazioni
esasperate esplodano, lasciando spazio agli sport
"minori"» ha commentato la Pasciuti.
Un ambiente chiuso e dominato
da interessi economici quello del calcio maschile, ma anche il
basket, a detta di Vescovi. Nel calcio ad alto livello
arrivano in pochi, e solo due o tre persone ogni anno entrano
nel "giro" dei tecnici che contano, lamenta Ramella:
«Così sono stato un anno in Messico ad allenare in serie
A». I procuratori, poi, sono in grado di manovrare allenatori
e giocatori (arbitri? ndr) di intere squadre.
In conclusione, tutti si sono
detti d'accordo sul fatto che una quota di giovani da
impiegare obbligatoriamente e un tetto agli stranieri siano
l'unico rimedio contro i mali dello sport professionistico di
squadra.
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