Varese - Il PD si è interrogato sul tema giustizia in un incontro con il deputato Andrea Orla
"L'Europa affronta la crisi, l'Italia le udienze di Berlusconi"

Nella tormenta giudiziaria che sta attraversando l’Italia, tra mazzette, mafia, appalti e adesso ci si sono messe anche le irregolarità nella presentazione delle liste elettorali, il Partito Democratico, questa volta rimasto fuori dalla bufera, si è interrogato sul tema della giustizia. Lo ha fatto ieri sera in un incontro con il massimo responsabile in materia per il partito, il deputato Andrea Orlando, per l’appunto, responsabile del Pd per la giustizia, i candidati alle elezioni regionali Walter Picco Bellazzi e Stefano Tosi, l’onorevole Daniele Marantelli e il portavoce del Pd gallaratese Giovanni Pignataro.
Una discussione che è partita da una premessa: «il rispetto per la giustizia è prerogativa di un paese che vuole avere condizioni economiche robuste», e i segnali a cui stiamo assistendo oggi «ci dicono che in Italia questa precondizione non c’è». Dalle mazzette scoperte di recente («sintomo di una situazione più grave di tangentopoli: prima c’era l’ipertrofia della politica, ora è la politica ad essere invasa da interessi individuali», dice Orlando), alle irregolarità sulla presentazione delle liste («segno della lotta fratricida tra le diverse anime del Pdl durata fino all’ultimo minuto prima della presentazione», dice Marantelli). E naturalmente passando, ma del resto è inevitabile, dalle vicende giudiziarie del presidente del consiglio Silvio Berlusconi («tutti gli altri parlamenti d’Europa hanno cominciato a discutere di come affrontare la crisi economica, noi di come affrontare le udienze del presidente del Consiglio»).
Un quadro desolante complicato dai provvedimenti legislativi adottati per risolvere le vicende processuali di Berlusconi stesso, «con Ghedini che con una mano difende il premier in qualità di avvocato nel processo e con l’altra riscrive le regole processuali direttamente dal Parlamento». A tutto questo bisogna sommare le difficoltà croniche della macchina della giustizia, con la sua scarsità di risorse, i suoi tribunali sotto organico, la sua elefantica burocrazia. Un insieme di cause che messe insieme creano un’istituzione monstre che si rende poco credibile di fronte al cittadino.
«Il dramma vero è la disaffezione dei cittadini per la giustizia», lo dice Picco Bellazzi, che in qualità di avvocato ha modo di confrontarsi con i clienti dai quali prende coscienza di un elemento preoccupante, «i magistrati sono bravi e lavorano più del dovuto ma la scarsità di risorse di cui dispongono, sommata alle accuse e le calunnie della politica avviano una spirale deleteria: ci sono persone che mi dicono di non volersi più rivolgere alla giustizia».
Un rischio che Stefano Tosi delinea molto bene, «se la distanza tra istituzioni e cittadini si allarga e la crisi di credibilità investe anche il settore della giustizia, allora il collante che tiene unità la società si fa sempre più debole e a quel punto la democrazia è in pericolo, perché diventerà facile affidarsi a chi alza di più la voce».
A tutto questo il Partito Democratico vuole porre rimedio, «innanzitutto riportando al centro la politica», ed è per questo che essa è chiamata ad intervenire «con sanzioni politiche ancora prima che arrivi l’avviso di garanzia dei magistrati», perché, spiega Pignataro, «non possiamo far coincidere il grado di moralità nei comportamenti all’azione penale, significa delegare ai magistrati un ruolo che non è di loro competenza. Deve essere la politica a sanzionare prima ancora dei magistrati».
Di fronte a tutto questo la posizione del Partito Democratico è contenuta nelle parole conclusive di Orlando, «la selezione delle classi dirigenti deve tenere conto dei comportamenti prima che in essi venga delineato un profilo penale, ci vogliono nel partito luoghi dove dover rispondere di quello che si fa; vanno inoltre modificati i provvedimenti odiosi che oggi permettono ai colletti bianchi di evitare sempre e comunque ogni responsabilità facendo finire in galera sempre i poveracci che non possono permettersi l’avvocato e che creano a tutti gli effetti una giustizia di classe; vanno poi depenalizzati i reati che potrebbero passare da altri canali sanzionatori, uno su tutti il reato di clandestinità che reato non dovrebbe essere; e infine aumentare le risorse alla giustizia».
E poi vengono le modifiche che potrebbero prevedere ritocchi costituzionali, dove per la verità, seppur con premesse e atteggiamenti diversi, l’intervento prospettato da Orlando non differisce poi di molto da alcuni di quelli chiesti dal centrodestra stesso: «vanno rivisti alcuni principi che regolano la giustizia: innanzitutto bisogna pensare a un sistema per separare le carriere dei magistrati, e intervenire in qualche modo sul principio di obbligatorietà dell’azione penale. E anche impedire che i magistrati possano candidarsi in politica nel collegio dove hanno svolto il loro lavoro di magistrati». Come ha fatto L’italia dei Valori in Puglia ma anche lo stesso Partito Democratico candidando a sindaco di Bari Michele Emiliano dopo aver svolto nella stessa città il ruolo di sostituto procuratore.

Tomaso Bassani
Martedi 2 Marzo 2010