“Finmeccanica va chiusa”

La holding di Stato è inefficiente e incapace di gestire il cambiamento. I dati dell'osservatorio di settore dell'Università Federico II di Napoli in un convegno organizzato dalla Fiom-Cgil


«Finmeccanica
va chiusa perché in questo mondo è inutile».  La sentenza provocatoria viene emessa alla fine di un convegno organizzato dalla Fiom Cgil a Samarate, cuore del distretto aerospaziale lombardo che ospita gli stabilimenti di AgustaWestland. A pronunciarla è Emilio Esposito, docente di ingegneria industriale dell’Università Federico II di Napoli, che da 40 anni studia il settore.
Finmeccanica si trova dunque in un guado che difficilmente riuscirà ad attraversare rimanendo allo stesso tempo indenne. Nell’introduzione di Nino Cartosio, della segreteria provinciale della Fiom, c’è la motivazione stessa della sentenza emessa dal docente napoletano: «Nella grande crisi di Agusta avvenuta negli anni 90 – dice il sindacalista – quando ormai l’azienda era sull’orlo del fallimento, fu decisiva la politica industriale del governo di allora. Oggi il nuovo amministratore delegato Mauro Moretti ha annunciato la necessità di avere più prodotti proprietari, ma senza una visione e i necessari investimenti, non sarà possibile».
Secondo Cartosio, dunque, le condizioni di contesto sono in contraddizione con lo sviluppo di prodotti proprietari, come annunciato dall’ad di Finmeccanica, in quanto oggi il deterioramento patrimoniale del gruppo è più marcato rispetto a ieri, il costo delle piattaforme proprietare è aumentato e manca una politica industriale nel Paese.
Finmeccanica ha drenato e continua a drenare risorse importanti senza generare valore aggiunto perché le risorse destinate alla ricerca vengono utilizzate per pagare le persone. I dati rivelano infatti che il gruppo è tra quelli che investono maggiormente in ricerca e sviluppo rispetto alla media dell’Unione Europea, ma di questi investimenti, fatti con i soldi dei contribuenti, raccoglie molto meno dei suoi competitor. Per fare un esempio, la canadese Bombardier, che investe circa la metà del gruppo italiano, ha un Roi (redditività del capitale investito) pari al 5,89% contro lo 0,65% di Finmeccanica e un Roe (indice di redditività del capitale proprio) del 15,04% contro il 2,01% della holding italiana. Il sistema della holding di Stato ha dunque una falla piuttosto grossa.
«Il gruppo non dà i risultati attesi – spiega Esposito – perché il management è inadeguato e perché non c’è una politica industriale ed economica degna di questo nome. Le strategie vanno fatte a livello di settore e non può essere certo Finmeccanica a farle».
Occorre dunque ricostruire un nuovo tessuto industriale e bisogna farlo subito perché  le barriere di settore (tempi lunghi, elevati costi di sviluppo, complessità tecnologica e di mercato) da una parte,
e il mutamento di scenario globale, che vede il passaggio da un duopolio dominante a un oligopolio, dall’altra, favoriranno aggregazioni forti a discapito dei più deboli, tra i quali ci sono le aziende italiane.

«In questo scenario – continua il docente (foto sopra) – se non si vuole rimanere tagliati fuori, la produzione va organizzata su scala internazionale con alleanze strategiche, facendo crescere i futuri competitori, cambiando le relazioni verticali e continuando a innovare». 
I tradizionali distretti industriali dovranno trasformarsi in ecosistemi innovativi dove le aziende più piccole, attraverso aggregazioni, consorzi e reti, manterranno le produzioni sui territori, ribaltando il rapporto di sudditanza con la grande impresa, attualmente vero e proprio tappo di bottiglia che non permette alle pmi, anello debole del sistema, di svilupparsi in modo coerente.
Il sistema va dunque sostenuto con la consapevolezza che l’aereo non è più una scatola meccanica, bensì elettronica che necessita di una nuova specializzazione di imprese e personale, nuove intelligenze e soprattutto una visione, una regia. «Bisogna farlo ora – conclude Esposito – perché domani è già troppo tardi. Non dimentichiamo che dove c’è tessuto industriale c’è democrazia, tutti ne beneficiano e a livello sociale è un’occasione».
Purtroppo la storia del settore aeronautico italiano è lastricata di occasioni mancate, compresa l’assenza giustificata da cause di forza maggiore dei due dirigenti di AgustaWestland e Alenia Aermacchi al convegno di Samarate. Sarebbe stato un bel confronto.

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Novembre 2014
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