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Conseguenze della globalizzazione

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27 Aprile 2011

Egregio Direttore,
 
come sempre l’analisi del prof. Barone nella sua lettera “Possibili risposte a importanti quesiti” è
approfondita e illuminante. Inviterei quindi tutti i suoi lettori a leggerla attentamente e a meditare
sulle cause del declino delle sinistre storiche nei paesi dell’Occidente in concomitanza con l’avvento
della “globalizzazione capitalistica” dei mercati e della conseguente “trasmigrazione dei capitali”
(fenomeno già previsto da Marx circa 150 anni fa) che si trasferiscono là dove possono trarre
maggiore profitto (essenzialmente nei paesi dove la manodopera costa meno). Questo ha creato
una “mondializzazione” anche del mercato del lavoro, con la creazione della precarietà (là dove non
esisteva) e l’aumento dello sfruttamento di grandi masse di lavoratori in tutto il mondo, accrescendo
i profitti per quella minoranza di persone che detengono i capitali ed i mezzi di produzione. Mi fa
piacere notare che alla fine il prof. Barone, messa da parte ogni prevenzione ideologica, convenga
col Sig. Madasi ed il sottoscritto sugli errori delle sinistre storiche che non hanno capito, anzi hanno
favorito la “globalizzazione”, tranello in cui hanno lasciato trascinare milioni di lavoratori a solo vantaggio delle élites dominanti. E così hanno perso il consenso di migliaia di lavoratori che, sembrerebbe una contraddizione ma non lo è (se si legge con attenzione l’acuta analisi del prof. Barone) , sono andati a sostenere proprio quelle “destre” che li hanno fregati. Trasformando il conflitto, come ben scrive il prof. Barone, da “verticale” (di classe, contro i capitalisti) ad “orizzontale” (in primis contro gli immigrati) sul territorio, creando una competizione su scala mondiale tra i lavoratori, quindi una vera e propria “guerra tra i poveri”, artatamente e cinicamente mantenuta dalle classi dominanti (destre populiste) che non fanno nulla per attenuare le diseguaglianze sociali che così si sono venute a creare.
 
Ed ora una domanda: perchè le cosiddette “sinistre” accettano questo stato di cose come inevitabile?
Perchè non si parla più di “classi” sociali, e perchè non si parla più di “lotta di classe”, quasi fosse un errore storico da dimenticare (rimozione freudiana?). Oggi più che mai, in questo triste “periodo di oscuramento della ragione” (come ben scrive il prof.), ci sarebbe bisogno di una presa di coscienza e di coesione delle masse lavoratrici per arginare il fenomeno (a mio avviso deleterio) della “globalizzazione” che tanti danni ha prodotto e continua a produrre, e forse per questo sarebbe necessaria una nuova “Internazionale Socialista” che elaborasse “un programma alternativo”, come ben scrive il prof. Barone, per dare risposte concrete alle migliaia di lavoratori che ora sono allo sbando e soffrono “in silenzio”, essendo prive di qualsiasi punto di riferimento politico credibile.
 
Ed è ancora giusto parlare di “destra” e “sinistra”? Perchè gli attuali schieramenti politici non si
caratterizzano più per classi di appartenenza, ma sono un miscuglio confuso e spesso indecifrabile di
vari interessi non facilmente omologabili (ad es. nella “sinistra” vengono candidati esponenti del mondo
imprenditoriale e finanziario che nulla hanno in comune con la “classe operaia”). Non è quindi un
linguaggio anacronistico e superato? Non sarebbe meglio cambiare terminologia, tanto per capirci meglio, e parlare di “partito dei lavoratori dipendenti”, degli “imprenditori”, dei “lavoratori autonomi” ecc. senza per questo cadere nelle “corporazioni” di antica memoria?
 
E perchè il prof. Barone definisce “sporca guerra” quella di Libia (che a mio avviso è “sporca” come tutte le guerre) senza pensare che (almeno in parte, lo spero) serva a sostenere le forze rivoluzionarie per liberare la Libia da una dittatura sanguinaria? Mi piacerebbe conoscere il suo pensiero.
 
Grazie per l’ospitalità
Giovanni Dotti

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