Processo d’appello per Elena Romani
La madre imputata in secondo grado per la morte della piccola Matilda, che morì nel luglio 2005
Nuova perizia medica e sopralluogo nella casa di Roasio: queste le prime decisioni nel processo d’appello per la morte della piccola Matilda Borin, figlia del bustocco Simone Borin e della legnanese Elena Romani. Il dramma nel luglio 2005 quando la bambina di nemmeno due anni morì in modo sospetto. Imputata nel processo in corte d’assise d’appello a Torino è la madre della piccola, difesa dagli avvocati Roberto Scheda e Tiberio Massironi. La corte, nella prima udienza tenutasi mercoledì, ha accolto le richieste dell’accusa, stabilendo che nel maggio prossimo si tenga un nuovo sopralluogo nella casa di Roasio (Vercelli) dove la Romani si trovava con il nuovo fidanzato Antonio Cangialosi quando Matilda morì. Una nuova perizia, prevista in marzo, dovrà inoltre gettare nuova luce sulle esatte condizioni della piccina poco prima di morire: se ne occuperanno due periti. La difesa non ha posto obiezioni alla richiesta di perizia e sopralluogo, mirando con evidenza a trovarvi elementi utili anche in chiave difensiva.
Respinta invece la richiesta di riprendere in esame la scarpa che la Romani indossava al momento del fatto, quando l’ipotesi era quella di un calcio. All’epoca dei fatti si era stabilito che a causare la morte era stata un’emorragia provocata da un forte colpo: da lì in avanti un lungo incubo mediatico e giudiziario, con la verità che invece di avvicinarsi si allontanava. Assolta in primo grado la Romani a Novara, prosciolto il compagno Antonio Cangialosi.
Il 26 maggio si terrà la prossima udienza, sulla base di quanto appurato nel frattempo.
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