Berlusconi, Franco e le dittature “liberali”
8 Marzo 2010
Egregi Signori,
Voglio raccontare una storia. Il 12 Aprile 1931 si svolsero in Spagna le elezioni municipali, che diedero la vittoria alle forze democratiche e di sinistra. Pur di non avallare il risultato, Alfonso XIII (nonno paterno di Juan Carlos) abbandonò il Paese illudendosi che il popolo (da sempre fedele alla Monarchia e alla Chiesa) lo richiamasse in Patria, sì che le elezioni sarebbero state annullete e rifatte nella speranza che le forze moderate e conservatrici sarebbero tornate al Potere. Successe, invece, l’esatto contrari: per la prima volta dal 1873 la Spagna decise di divenire una Repubblica.
Le cose andarono bene sino al 1936, quando proprio le forze di sinistra (anarchici, socialisti e, in ultimo, comunisti, ancora minoritari, ma in costante crescita), riunite nel Fronte Popolare, andarono al Potere col voto, smentendo in tal modo l’assunto che ciò non sarebbe avvenuto mai, poiché la Sinistra, soprattutto comunista (e, comunque, marxista), non potrà mai andare al Potere in un modo concepito essenzialmente per le Democrazie Liberali. Proprio nel timore di perdere il controllo del continente in seguito al formarsi dell’Asse Roma-Berlino (cui sarebbe seguito, appunto, l’Asse Mosca-Madrid), le principali Potenze dell’epoca, vale a dire Francia e Gran Bretagna (cui si andavano accodando gli Stati Uniti), iniziarono a far pressione sulle masse – soprattutto contadine (le più retrive e conservatrici del Paese) – affinché la Sinistra abbandonasse il Governo, sostenendo al contempo le tendenze golpiste dei militari che sfociarono nella Guerra Civile (1936-1939) che videro il trionfo di Francisco Franco, rimasto poi al Potere sino al 1975: di fatto un Governo che, senza arrivare alla sovietizzazione, avrebbe potuto modernizzare e democratizzare la Spagna più di quanto avesse potuto fare chiunque altro l’avesse governata sino allora, venne paradossalmente perseguitato non solo dalle opposizioni, ma anche da chi avrebbe dovuto sostenerlo principalmente dall’esterno.
Silvio Berlusconi non è certo Mussolini, e tantomeno Francisco Franco, anche perché è comunque andato al Potere col voto, con la differenza che rispetto a questi due grandi dittatori sta dimostrando una manifesta incapacità nel governare, anche perché la sua azione politica non è ispirata a grandi ideali, ma solo dai suoi interessi personali ed economico-finanziari. Pur trovando molti crediti e consensi tanto in Patria quanto all’estero, egli si ritiene paradossalmente peseguitato da un’opposizione perlatro fortemente indebolita dalle ultime elezioni, dalla stampa e dalla magistratura, che altrettanto paradossalmente sono per la maggior parte di origine ed ispirazione non tanto democratico-socialista e marxista, bensì proprio liberale e moderata, il tutto allo scopo di celare, appunto, tali incapacità e debolezze, anche perché, a differenza dei grandi dittatori del sec. XX, egli considera lo Stato semplicemente come un’azienda da risanare e ristrutturare a proprio piacimento.
Ora, non so sino a quando la gente continuterà a riconoscere nell’imprenditore milanese la persona che solo può rilanciare il Paese e garantire quelle libertà e garanzie democratiche che, con le sue azioni e le leggi ad-personam, sta invece rischiando di affossare.
Sentitamente
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