Lettera aperta alle comunità educative: uniamoci per custodire l’infanzia
22 Novembre 2025
A tutte le comunità sociali, alle cooperative, agli enti per l’infanzia, alle associazioni di volontariato, agli educatori, ai pedagogisti, agli insegnanti, ai cittadini: Vi scrivo con l’emozione di chi sente che, nelle vicende di oggi, riecheggiano storie antiche come il tempo.
Da secoli l’infanzia è un giardino sacro, un luogo di mistero e di meraviglia. I bambini sono sempre stati i piccoli eredi della natura: nelle comunità medievali correvano tra i campi; nelle famiglie dei carbonai dell’Ottocento crescevano tra boschi e focolari; nel Novecento grandi maestri come Montessori e Steiner ricordavano che la natura è la prima culla dell’anima.
Oggi, in un’epoca accelerata e rumorosa, una famiglia che viveva nel bosco con tre bambini ha riportato alla luce quell’immagine antica. Bambini sani, non maltrattati, seguiti da istruzione parentale come previsto dalla legge.
Piccoli che conoscevano gli alberi più degli schermi, che imparavano a leggere le stagioni come fossero libri di storia vivente.
Eppure proprio quel modo di vivere, così simile a quello dei nostri antenati, è diventato motivo di timori e interventi drastici. I bambini sono stati allontanati bruscamente dal loro mondo, come eroi di una fiaba interrotta a metà.
Ieri correvano a piedi nudi tra le felci, con il vento che intrecciava i loro capelli. Oggi si ritrovano chiusi in comunità sconosciute, lontani dagli odori familiari, dagli abbracci quotidiani, dalle loro radici. Storie simili, nei secoli, hanno sempre prodotto la stessa ferita: lo strappo improvviso, l’abbandono del proprio paesaggio interiore, la nostalgia che diventa cicatrice. Per questo oggi sento l’urgenza di chiamarvi, una ad una, tutte le forze educative di questo Paese.
Chiamo le comunità sociali, le cooperative, gli enti dell’infanzia, le associazioni di volontariato, le scuole aperte, gli educatori di strada, i maestri di montagna, chiunque ogni giorno tocchi la vita dei bambini.
Non possiamo restare spettatori.
Abbiamo il dovere, storico e morale, di ricordare che: l’infanzia non si sposta come un mobile da una stanza all’altra; la socializzazione è un ponte che si costruisce un passo alla volta; l’integrazione è un viaggio che si fa tenendosi per mano; la natura non è un pericolo, ma spesso una casa più antica della nostra memoria; e che esistono modi più delicati, più umani, più sapienti per intervenire quando non c’è un rischio immediato per la vita.
Uniamoci, come le corporazioni medievali che difendevano i propri valori, come le comunità contadine che crescevano i figli tutti insieme. Facciamo rete.
Apriamo tavoli di confronto.
Mettiamo a disposizione la saggezza pedagogica che deriva dall’esperienza quotidiana. Ricordiamo alle istituzioni che le decisioni sui bambini non possono prescindere dalla voce di chi, ogni giorno, accompagna le loro fragilità e i loro talenti.
Non è tempo di accuse, ma di alleanze.
Non è tempo di silenzi, ma di cura.
Non è tempo di muri, ma di ponti.
Uniamoci per dire che il primo gesto educativo è sempre l’avvicinamento, mai lo strappo.
I bambini di questa storia – come quelli di ogni epoca – ci stanno chiedendo di non dimenticare la delicatezza con cui va trattata la loro crescita.
Ci chiedono di non trasformare un bosco, che per loro era casa, in un ricordo che brucia.
Ci chiedono di non sostituire la poesia della loro vita con un brusco cambio di scena.
Per questo, con voce ferma ma colma di tenerezza, vi dico:
Riportateli a casa.
E da lì, insieme, accompagniamoli verso la società, senza spezzare ciò che li rende unici, liberi, integri.
Impariamo noi ad avvicinarci al loro mondo, come i maestri d’altri tempi che si sedevano accanto ai bambini per ascoltarli davvero.
Perché proteggere l’infanzia non è solo un atto civile: è un atto d’amore che attraversa i secoli e ci rende umani.
Con fiducia, con rispetto e con la speranza di unire tutte le nostre forze,
Dott. Luca Vitolo
Esperto in Scienze dell’Educazione



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