Berlinguer: quella brava persona che ha affossato il comunismo italiano
13 Giugno 2014
Egregio direttore,
la campagna celebrativa dedicata a Enrico Berlinguer in occasione del trentesimo anniversario della sua scomparsa è tutta giocata, sotto la spinta del Pd e della stampa borghese, in chiave anticomunista. Sennonché può essere utile, per correggere il tiro e pervenire ad un giudizio storicamente corretto, richiamare i capisaldi del revisionismo berlingueriano: il compromesso storico, la democrazia come valore universale, l’eurocomunismo, l’accettazione dell’ombrello della Nato, l’adesione alla Ue ed infine le considerazioni sull’esaurimento della spinta propulsiva della rivoluzione sovietica. Le riflessioni di Berlinguer sull’austerità e sulla questione morale non hanno la stessa forza né possono in qualche modo compensare l’effetto devastante dei suddetti capisaldi. Del resto, se si accetta il capitalismo come orizzonte intrascendibile dell’azione politica, non ci si può meravigliare che prosperino clientele e corruzione: una volta posto il profitto come unico valore, queste sono le
necessarie conseguenze.
Cominciamo dal compromesso storico, cioè dai tre scritti di Berlinguer pubblicati su “Rinascita” tra il 28 settembre ed il 12 ottobre 1973 in séguito all’eroica morte del presidente del Cile, Salvador Allende, per mano dei golpisti di Pinochet al servizio degli Usa. Berlinguer non si rende conto che la democrazia borghese esiste solo se la borghesia controlla il potere, talché, quando questo viene eroso, come nel Cile di Allende, e il popolo riesce in qualche modo ad acquisire un certo potere sul piano istituzionale, la borghesia non esita a liquidare le regole formali che essa stessa ha stabilito, adottando metodi violenti e terroristici. Così, Berlinguer afferma quanto segue: «Noi abbiamo sempre pensato – e oggi l’esperienza cilena ci rafforza in questa persuasione – che l’unità dei partiti dei lavoratori e delle forze di sinistra non è condizione sufficiente per garantire la difesa ed il progresso della democrazia…».
Orbene, se si tralascia il ritornello sulla ‘difesa della democrazia’, laddove non viene mai precisato a quale democrazia ci si stia riferendo, poiché la democrazia sembra essere un’essenza metafisica che si libra al di sopra dei concreti rapporti fra le classi, Berlinguer confonde le intese politiche con le alleanze sociali tra la classe operaia e le frazioni della piccola borghesia. Ma in tal modo deforma e distorce il pensiero di Gramsci, giacché questi sottolineava come il motore della rivoluzione proletaria in Italia dovesse essere un nuovo blocco sociale egemonizzato dalla classe operaia, che raggruppasse il proletariato e anche settori della piccola borghesia, suoi alleati. Il compromesso storico di Berlinguer, invece, non è un’alleanza sociale della classe operaia, antagonista al blocco sociale della borghesia, ma un’alleanza politica tra i maggiori partiti allora esistenti: il Pci, il Psi e la Dc, laddove quest’ultima era l’espressione politica della grande borghesia, privata e di Stato. L’analisi di
Berlinguer ignora totalmente sia il metodo che la concezione del marxismo-leninismo
e giunge perciò a conclusioni diametralmente opposte. Infatti, dal punto di vista del marxismo-leninismo, l’errore di Allende è consistito proprio nel non avere cercato di
“spezzare la macchina dello stato borghese”, ma nell’averla conservata sostanzialmente intatta, facendo assegnamento su una maggioranza parlamentare e sulla lealtà dei vertici dell’apparato statale. Sarebbe stato necessario, invece, sviluppare forti movimenti di massa a sostegno del nuovo governo, creare una milizia operaia armata, cambiare i meccanismi istituzionali, passando a organi eletti non sulla base delle circoscrizioni elettorali territoriali, ma dei luoghi di lavoro, sospendere l’attività dei partiti che non si riconoscevano nel programma del nuovo governo, decapitare i vertici e modificare le strutture dell’esercito, della polizia, dei servizi di sicurezza, dei ministeri economici, con la massiccia introduzione di fidati elementi proletari. Sarebbe stato necessario, insomma, instaurare la dittatura proletaria. Allende non lo fece e il popolo cileno pagò a caro prezzo questo errore. Berlinguer, come è noto, ignorò del tutto queste considerazioni.
L’eurocomunismo, come teoria e prassi compiutamente revisioniste e opportuniste, trasse origine dall’incontro di Bruxelles del 26 gennaio 1974 tra Berlinguer e i revisionisti spagnolo e francese, Santiago Carrillo e Georges Marchais, segretari dei rispettivi partiti comunisti, che sposarono le tesi sul valore universale della democrazia formulate da Berlinguer. Il termine stesso di ‘eurocomunismo’, coniato dai giornalisti ma prontamente fatto proprio dai revisionisti, marcava già di per sé un netto distacco, addirittura una forte contrapposizione, alle esperienze di socialismo storicamente realizzate. La visione del ‘socialismo reale’, che emergeva, era quella di una cupa tirannide, dove i nobili principi della ‘democrazia come valore universale’ erano negati: una rappresentazione falsa e del tutto subalterna alla propaganda borghese.
In conclusione, le teorie revisioniste di Berlinguer hanno portato al disarmo teorico ed organizzativo di ogni resistenza operaia e popolare in Italia, spianando la strada alle forze più retrive del capitalismo monopolistico: quelle stesse che stanno dissanguando l’Italia e il suo popolo. Il colpo di grazia al comunismo viene dato da Berlinguer nell’intervista a Giampaolo Pansa (un nome che è tutto una garanzia!) apparsa sul “Corriere della Sera” del 15 giugno 1976, in cui vengono sancite l’accettazione definitiva dell’Occidente capitalistico e della sua micidiale alleanza militare, la Nato, consumando la rottura con il campo socialista che, anche
se infettato dal germe del revisionismo khruscioviano, rimaneva pur sempre il più
potente baluardo contro l’imperialismo. La logica conseguenza sarà il passaggio dal revisionismo al liquidazionismo, sancito nella famosa frase con cui nel 1981 viene
definitivamente reciso il legame, anche ideale, con la storia del movimento operaio e comunista: «…si è esaurita la spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre…». Praticamente obbligata sarà quindi la scelta strategica con cui Berlinguer ‘sposerà’ il processo di unificazione europea del capitalismo, mentre esistevano ancora l’Urss e il campo socialista. Il drastico peggioramento, sotto tutti gli aspetti, della condizione dei lavoratori e dello stesso ceto medio in conseguenza della dittatura dell’Unione Europea è la plastica rappresentazione del disastro della sinistra italiana, conseguenza degli errori teorici e delle deviazioni pratiche di questo segretario del Pci. Certo, Berlinguer era una brava persona: come negarlo? Sì, una brava persona che, insieme con altre persone come quella che abita da tempo al Quirinale, ha contribuito in modo determinante ad affossare il comunismo italiano.
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