Fuggi fuggi generale e approvvigionamenti
20 Settembre 2013
Gentile direttore, visto l’andamento “lento” dei conti pubblici, la burocrazia ferruginosa ed il costo della vita in costante aumento, ci si chiede perché la politica non inizia a cambiare certe abitudini, sistemi, o atteggiamenti, riformando e aggiornando, alla luce della sopravvenuta crisi traboccante e galoppante, contaminante vari settori e che in buona parte deriva da un insieme di fattori preventivabili collegati al raggiungimento di un trend ottimale soggetto a squilibri nei decenni, però ammortizzabili con una decrescita controllata, seguendo le esigenze di mercato o investendo in modo lungimirante, non potendo continuare sempre con quei ritmi, da vacche grasse e pur sapendo che poi necessita del tempo per convertire i nuovi metodi a pieno regime.
Le energie alternative sono destinate a diventare le uniche, forzatamente per esaurimento sia dei combustibili tradizionali che dell’uranio qualora avessimo scelto di espandere le centrali nucleari, che quindi avrebbero “ben servito” alla fine rovinando o impestando definitivamente e irreversibilmente il pianeta, per l’approvvigionamento energetico inquinando tutto a partire dalle acque e dall’aria, a prescindere dal “si salvi chi può” per incidenti di percorso frequenti o ricorrenti.
“Fin che c’è il sole c’è speranza” ma accelerando in merito si creerebbero anche nuovi posti di lavoro anticipando utilmente la nuova fase che caratterizzerà la ripresa quale fondamentale via d’uscita; fermo restando che spesso manca la volontà e non tutti i paesi del mondo sono consapevoli o pronti, nonostante tutto permanendo in un’altra dimensione di arretratezza per mancanza di emancipazione o ignoranza del proprio dittatore o governo, ladro, incosciente o inadempiente, vivendo alla giornata per recuperare un tozzo di pane e acqua, come nelle prigioni di una volta, con fenomeni di emigrazione, o “fuggi fuggi generale”, inevitabili soprattutto se accompagnati da bombardamenti, febbre gialla, o colera e via dicendo, mal che vada valendo la pena per non morire di stenti, non avendo nulla da perdere rischiando così ovunque altrove la ricerca di sostentamenti.
Sperando che questi poveracci possano ritrovare l’orientamento, magari al solito con aiuti umanitari chirurgicamente mirati e non palliativi, sembra non esitino ad incunearsi forme di speculazione che cercano, appena possibile, di approfittare anche dei paesi emergenti, peggiorando la situazione con menefreghismo lasciando al caso la risolvenza di un destino segnato da strascichi del passato, rendendo il cammino appesantito da difficoltà indicibili non più ammissibili nell’era moderna e contro natura rispetto agli insegnamenti di fratellanza e sentimenti di pace dettati dalla fede, perché “sem chi pruvisori” ma le generazioni continuano attraverso figli e nipoti, in cui potremmo ritrovarci “almeno in parte” direttamente rappresentati, quasi come in eterno. Amen.
Scherzi a parte sono necessarie prese di posizione e serie meditazioni da tener presenti, se vogliamo chiamarci cittadini del mondo in una società multietnica, di cui su 7 miliardi di persone l’Italia rappresenta “un cent.”, mentre ne avremmo abbastanza già barricandoci per le calamità naturali e al confronto con altri esseri, creature senza complicanze da odio o cattiverie, giornalmente per la sopravvivenza faremmo quasi niente; ad es. le migliaia di km di spostamenti delle balene e simili per le scorpacciate di Krill, l’antilope che si finge zoppa per attirare l’attenzione del coyote e distrarlo dal piccolo che appena nato ha l’istinto di accovacciarsi e nascondersi nella savana con il suo manto maculato sperando che il vento cambi per non essere annusato, mamma grizzly che si immerge a sei metri di profondità nel fiume per recuperare i salmoni morenti ai piccoli lasciati temporaneamente soli, le nuvole di rondini che attraversano il Sahara dove lo stercorario con la sua pallottola per il picco di calore riprende il volo e desiste, come spesso le formiche pur argentate che hanno sei minuti per uscire dalle tane, quando “via il gat bala il rat” perché i predatori non ci sono in piena giornata, recuperando altri insetti “belle cotti”, da freschi che erano, o anche spezzettarli per trasportarli prima di rifugiarsi o rimanere sul campo, a sua volta fritte o arrostite. Grazie, salute
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