Gli pseudonimi nelle lettere sono una pratica intellettuale disonesta!
18 Dicembre 2014
“Leggi non per contraddire e confutare; non per credere e per accettare come sicuro; non per trovare chiacchiere e discorsi; ma per riflettere e considerare”. F.Bacone, filosofo
Gentile Direttore,
ho notato che spesso su Varesenews, c’è l’abitudine da parte di alcuni di utilizzare degli pseudonimi al posto del loro vero nome e cognome. Le dico subito di non essere d’accordo con la vostra scelta di consentire questa pratica, in quanto la considero molto discutibile e poco rispettosa e corretta rispetto a chi si firma con il proprio nome. Lei mi dirà che c’è libertà d’espressione e perciò viene consentito. Certo la libertà d’espressione è consentita, se c’è anche la responsabilità, altrimenti la libertà, priva della responsabilità, diventa licenza d’insultare, denigrare, calunniare, nascondendosi dietro a nomi fittizi, senza metterci la faccia. E Varesenews viene usato come un ventilatore che sparge insulti sui malcapitati. E’ vero, come ho già scritto, che “le calunnie come ricordava V. Monti, sono come le processioni religiose che ritornano da dove sono partite”, ma penso anche, come diceva il buon Orazio, che vi sia « una misura nelle cose; vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto.” E questi confini sono stati ampiamente superati. La massima oraziana, come lei ben sa, viene spesso ripetuta per esprimere la necessità di una saggia moderazione e per richiamare al senso della misura. Ho letto la lettera a firma “Italicus”n. 102: “Il valore formativo dei compiti a casa: positiva peculiarità della scuola italiana”, poiché per una questione di onestà e correttezza intellettuale non è mia abitudine né dialogare né polemizzare con chi, anziché firmarsi con nome e cognome, ricorre a pseudonimi altisonanti e boriosi ( quasi ad emulare famosi ed illustri pensatori che utilizzavano gli pseudonimi come ad esempio S. Kierkegaard , che nello scrivere De omnibus dubitandum est, usa lo pseudonimo di Johannes Climacus) ora nazionalistici (italicus); altre volte gladiatorii (Spartacus); in altri momenti sferzanti (Orbilius), il maestro di Orazio, definito (plagosus) perché colpiva i fanciulli, lasciando loro addosso delle piaghe, mi asterrò di entrare nel merito delle gratuite affermazioni dell’estensore della lettera. Poiché ho un nome ( Romolo ) e un cognome (Vitelli:“Vai o Vitellio al richiamo del Dio Romano della guerra”, come dicevano i latini ) originariamente più italici di Italicus, nel ribadire tutta la mia disapprovazione per l’uso arrogante, borioso e intellettualmente disonesto degli pseudonimi, colgo l’occasione per invitare il signor “Italicus” a leggersi bene la mia lettera, evitando di stravolgerla gratuitamente a suo uso e consumo polemico. Prendo solo qualche perla, tra le tante, tratte dalla lettera della signor Italicus. Egli scrive “Perché non può sussistere il minimo dubbio sulle seguenti verità”(Sic!). Uno che si rifà a Marx, e pare che sia anche un ex – professore di filosofia, dovrebbe sapere che Marx non aveva certezze granitiche, ma sani dubbi, tanto da avere adottato come massima preferita il detto di Cartesio:“De omnibus dubitandum est” (bisogna dubitare di ogni cosa), e non avrebbe, come ha fatto l’incauto Italicus, scambiato opinioni tutte da verificare, con incrollabili “verità” e certezze granitiche. Proprio perché Marx era un pensatore della critica e non aveva una visione granitica e dogmatica del mondo. Marx non trasformò mai in dogmi il suo pensiero, ma si oppose fermamente alla dogmatizzazione operata dal marxismo, in larga misura dallo Stesso Engels. Un professore, per giunta di filosofia dovrebbe sapere, come ci ricorda il filosofo José Ortega y Gasset “Se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni.”Ed ancora il nostro “Italicus” scrive:“ Da questo punto di vista, le tesi faciliste, che all’insegna di un’epistemologia neoliberista vengono sostenute nella lettera n. 93,(cioè la mia: “I quindicenni italiani studiano a casa 9 ore a settimana”) hanno un sapore culturalmente demagogico e un significato classisticamente elitario, poiché considerano come modelli da imitare o da estendere nel nostro Paese la scuola svizzera o la Scuola Europea di Varese.” Ma per favore, smettiamola con “classisticamente elitario”. Capisco che chi è afflitto da una concezione vetero-_marxista sogni di fare la lotta di classe e la rivoluzione russa nel 2014 in Padania, ma non affibbiamo etichette pseudo liberiste e classiste a destra e a manca! Ma chi ha mai scritto che vuole importare il modello svizzero o quello della Scuola Europea di Varese ( dove il sottoscritto ha insegnato per lungo tempo e il signor Italicus, quando parla di Scuola Europea e di modelli non sa nemmeno di che cosa stia parlando) ! Ho semplicemente parlato di calendario scolastico. Che cos’è un calendario scolastico? E’ un documento in genere ministeriale che fissa l’inizio delle attività didattica nelle varie scuole di ogni ordine e grado, indicando di massima le vacanze scolastiche e la chiusura delle scuole. Quelle di cui parlo io, sono meno “classiste ed elitarie” dei licei classici e scientifici italiani, sono scuole che usano anche i pomeriggi tranne il sabato libero e generalmente mezza giornata a metà settimana. Si parla anche in Italia ormai e da tempo di adeguare il nostro calendario scolastico a quello europeo per disciplinare meglio impegno scolastico e necessario riposo. La parola vacanza deriva “dal latino: [‘vacantia’], che significa letteralmente ‘mancanza’, vuoto, sgombro, libero, senza occupazioni. Ne consegue che la vacanza è un periodo di riposo, senza occupazioni, previsto per chi lavora o studia al fine di far riposare il proprio organismo. Il motivo invece per cui in Italia le vacanze lunghe si fanno in estate è perché abbiamo ancora un calendario scolastico concepito per una società agricolo-industriale, nella quale le scuole chiudevano perché i figli dovevano aiutare i genitori nella stagione del raccolto nei campi, come ho avuto modo di scrivere varie volte, ma sa signor direttore, “non c’è peggior sordo di chi non vuole intendere.” Non so che cosa deciderà in cuor suo, lei signor direttore, per chi insulta nascondendosi dietro a nomi fittizi; per conto mio continuerò a scrivere, seguendo ciò che il grande pittore grafico e teorico tedesco A. Dürer ( 1471-1528) amava dire: “E renderò pubblico quel poco che ho appreso affinché qualcuno, di me più esperto, [parlava di uno più esperto] possa suggerire il vero, e con la sua opera dimostri e condanni il mio errore. Posso così rallegrarmi almeno, di essere stato uno strumento attraverso cui la verità è giunta alla luce".
Cordialità caro direttore e a presto.



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