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I cicli Kondratieff e la fase attuale

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12 Settembre 2007

Egregio direttore,
Nikolai Dimitrievic Kondratieff (1892-1938), economista russo, fondatore nel 1928 dell’istituto moscovita per lo studio della congiuntura economica e membro della ‘équipe’ che mise a punto i primi piani quinquennali dell’Unione Sovietica, elaborò una teoria dei cicli economici che porta il suo nome e che fu ripresa dal grande economista austriaco Adolf Schumpeter. Secondo questa teoria, la storia del capitalismo è scandita da ‘onde lunghe’ della durata approssimativa di 50-60 anni, suddivise internamente in cicli medi di 7-10 anni e cicli brevi di 3-4 anni. Ogni ciclo si articola in un alternarsi di periodi di alta crescita settoriale e di periodi di minore crescita. Le fasi ascendenti dei cicli di Kondratieff sono collegate allo sfruttamento di nuove tecnologie; le fasi discendenti si verificano quando lo sfruttamento tecnologico giunge a maturazione e le vecchie tecnologie offrono un minore guadagno, mentre le nuove tecnologie sono ancora in una fase sperimentale in termini di sfruttamento redditizio. Alla fine del ciclo si verifica una depressione o un prolungato periodo di deflazione.
I diversi cicli, individuati da Kondratieff, sono stati caratterizzati dalla macchina a vapore e dal cotone (prima metà del XIX secolo), dall’acciaio e dalle ferrovie (seconda metà del XIX secolo), dall’elettrotecnica e dalla chimica (prima metà del XX secolo), dalla petrolchimica e dall’industria automobilistica (seconda metà del XX secolo) e, ai giorni nostri, dalle tecnologie dell’informazione. Kondratieff individuava all’orizzonte, come possibile nuovo motore dell’economia, i settori legati alla salute e alla qualità della vita.
Il primo ‘ciclo lungo’ si svolge dal 1790 al 1850; il secondo dal 1840-50 al 1880-1890; il terzo, iniziato nel 1880-1890, era ancora in atto al momento della scomparsa dell’autore. All’interno di ogni ‘onda lunga’ Kondratieff colloca un ‘turning point’, che segna il momento in cui il ciclo ascendente lascia il posto a un ciclo discendente. Per il primo periodo il ‘turning point’ ha luogo attorno al 1810, per il secondo verso il 1870. La depressione dell’ultima ondata si è svolta fra gli anni 1930 e 1940, un periodo caratterizzato, come è noto, dalla crisi del 1929 e dalla seconda guerra mondiale.
L’inizio del ciclo attuale può essere collocato intorno al 1950. La fase di ascesa prende avvio nel 1950 e raggiunge l’apice nel 1980; dopodiché ha inizio la fase discendente che ai nostri giorni sta arrivando alla fase peggiore. Lo sfruttamento redditizio dei progressi del dopoguerra nelle industrie fondamentali dell’energia, dell’automobile, della petrolchimica e del settore manifatturiero è finito, mentre ha inizio quello della tecnologia informatica: in questa ottica, la “new economy” degli ultimi anni ’90 ha rappresentato l’ultima fase dell’attuale ciclo prima della discesa nella deflazione prolungata.
Un “ciclo-K” è scomponibile in 4 fasi, cui corrispondono diversi “umori psicologici” e quindi comportamenti diversi da parte degli individui: tali fasi sono la crescita, la recessione primaria, il periodo di stabilità e la depressione secondaria.
Nella prima fase, che richiede in genere circa 25 anni per compiersi, l’inflazione gioca un ruolo importante ed accompagna la crescita; aumentano l’occupazione ed i salari, nuovi prodotti e bisogni vengono diffusi e la tecnologia viene migliorata. Quando il limite di questo ‘trend’ sopraggiunge, comincia la prima fase di inversione, in cui la parte di capitale, che prima veniva destinata all’investimento e al risparmio, viene impiegata tutta in consumi, creando una distribuzione dei beni prodotti che a sua volta tende a saturare il mercato. Contestualmente, l’inflazione comincia a erodere parte dei profitti. Questa fase, sebbene duri in media 4-5 anni, è in grado di orientare l’umore di una popolazione per diversi anni successivi. Dopodiché incomincia una fase di altri 7-10 anni. Da qui, lentamente e selettivamente, si fanno strada determinati settori ed idee innovative che successivamente creano un clima di euforia, in cui torna il desiderio di consumo ed aumenta l’indebitamento: in questa fase si sviluppano facilmente bolle speculative che poi esplodono, come è avvenuto in queste ultime settimane con la bolla immobiliare, dando il colpo finale ad un’economia “drogata” ed avviando una fase negativa, in genere costituita da tre anni di collasso, seguiti da una quindicina di anni di contrazione economica. Secondo Kondratieff, questo è l’unico modo che l’economia ha di depurarsi dagli eccessi precedenti.
Alla base della teoria dell’economista russo vi è la consapevolezza che «la produzione capitalista tende continuamente a superare questi limiti immanenti, ma riesce a superarli unicamente con dei mezzi che la pongono di fronte agli stessi limiti su scala nuova e più alta», giacché «il vero limite della produzione capitalista è il capitale stesso» (Marx, “Il Capitale”, vol. III). La teoria dei cicli di Kondratieff ci dice che l’epoca che stiamo vivendo può rappresentare una fase cruciale per la nostra società non solo sul piano economico, ma anche su altri piani (politico, ambientale, culturale ecc.). Secondo tale teoria (e le prove, anche recenti, che la confermano davvero non mancano!), stiamo entrando nella fase peggiore.
Gli eventi degli ultimi anni sono caratterizzati da azioni di varia natura messe in atto dagli Stati capitalisti per scongiurare la crisi, mentre i poteri economici hanno fatto il possibile per massimizzare i profitti, speculando anche sul futuro, generando bolle abnormi e cercando di mascherare la crisi. Tuttavia, se consideriamo congiuntamente la teoria delle crisi di Marx e la teoria dei cicli di Kondratieff, non è difficile rendersi conto che ogni espediente per scongiurare la crisi non fa altro che spostarla in avanti, accrescendo nel contempo il suo potenziale esplosivo. Tutte le evidenze disponibili (e lo stesso assordante silenzio dei ‘mass media’ su questo decisivo argomento, con la solitaria eccezione costituita da un recente editoriale di Scalfari su “Repubblica”) confermano non solo che la crisi è già iniziata, ma che il suo impatto produrrà effetti devastanti sulla struttura e sulle sovrastrutture della nostra società, nonché radicali cambiamenti nel nostro sistema di vita.

Eros Barone

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