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“I sassi? Sono la base della democrazia”, parola di un operaio

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13 Giugno 2010

Caro direttore,

un’amica mi ha postato su facebook questa bella storia, che ha liberamente tratto da Internet e che a mia volta propongo ai nostri lettori. Il protagonista non è un “furbetto del quartiere”, ma un operaio. Vero o immaginario poco importa, perché quel che conta sono le idee che propone e la cultura politica che rappresenta. Una cultura che è l’opposto di quella oggi di moda, derivata dai nostri talk show, in cui più che avere buoni argomenti, conta ‘demolire’ (ogni mezzo è buono) l’interlocutore, automaticamente percepito come avversario/nemico, qualunque cosa dica. Una cultura da "teppismo mediatico" che talvolta vedo con dispiacere affacciarsi anche su queste pagine.

Chi parla è uno studente liceale di Chiavari, obbligato controvoglia ad ascoltare una ‘lezione’ affidata ad un anziano lavoratore dei cantieri di Riva Trigoso.

Nella palestra dove si svolge l’incontro, più che casino c’è noia, che è anche peggio.
Il vecchio entra. Si siede. Ha con sé un borsone, lo posa a terra di fianco alla cattedra. Ora è seduto. Saluta con un cauto "buongiorno", prende l’acqua minerale e il bicchiere dal tavolo e li sposta a terra, poi lentamente incomincia a trafficare nella borsa. Estrae con mosse misurate un capiente contenitore di vetro, una via di mezzo tra un vaso panciuto e un acquario per pesci rossi. Lo posa bene in vista, sul piano della cattedra: "Adesso faremo un esperimento", dice. Tira fuori dalla borsa una decina di ciottoli grandi all’incirca come un pugno e uno a uno li ripone delicatamente dentro il vaso. Strano, penso, e metto via il telefonino. Questo mi sembra fuori come la magica brezza della notte. Scatta la curiosità. Qualche risolino si stempera nel dubbio. Ora il vaso è riempito fino al bordo, è impossibile aggiungere altri sassi. L’uomo alza gli occhi e ci guarda. "Questo vaso è pieno?". Ovvio che sì. Qualcuno risponde. L’uomo davanti a noi attende qualche secondo: "Davvero?".

Allora si china di nuovo e tira fuori dalla solita borsa un sacchetto trasparente, pieno di ghiaia. Con attenzione versa questa ghiaia sui grossi sassi e poi scuote leggermente il vaso. I sassolini di ghiaia si infiltrarono tra i sassi più grossi fino al fondo del recipiente. L’anziano alza di nuovo lo sguardo verso di noi e ancora chiede: "Questo vaso è pieno?". Questa volta cominciamo a comprendere il suo armeggiare. Dico: "Probabilmente no." E guadagno qualche punto con quella della terza C. "Bene", fa l’uomo. Si china di nuovo e questa volta tira fuori da sotto al tavolo un sacchetto un po’ più grande, questa volta di sabbia. Con delicatezza versa la sabbia nel vaso. La sabbia va a riempire gli spazi tra i grossi ciottoli e la ghiaia. Ancora una volta l’anziano domanda: "Questo vaso è pieno?". Ora siamo in tanti a rispondere: "No!". "Perfetto", conclude. E, come ormai ci aspettavamo, dà il via all’ultimo atto della sua dimostrazione. Si china a terra, prende la bottiglia di minerale da un litro e mezzo che aveva posato a terra e la versa nel vaso, riempiendolo fino al bordo.

Poi: "Mi chiamo Giorgio Nessi, per tutta la vita ho fatto l’operaio ai Cantieri navali di Riva Trigoso, a pochi chilometri da qui. Quando ero molto piccolo ho vissuto la dittatura, la guerra e il suo drammatico epilogo. Dopo l’8 settembre ho fatto la staffetta partigiana, qui, nell’entroterra. Poi ho vissuto con entusiasmo la Liberazione e la ricostruzione del Paese in cui tutti ora viviamo. Ora vi domando: quale grande verità ci dimostra questo esperimento?". Demetrio, il più secchia della classe si alza e risponde: "Che anche quando si crede di aver studiato, c’è ancora spazio per il sapere". "Interessante – risponde l’anziano operaio -. Hai detto una cosa intelligente e anche vera. Io che ho studiato poco non ho avuto modo di verificarla appieno. Ma credo che sia così. Tuttavia non era questo che volevo comunicarvi. La grande, semplicissima verità che quest’esperimento ci dimostra è la seguente: se non si mettono per primi i sassi più grossi all’interno del vaso, non ci si potrà mettere tutto il resto in seguito."

Ci guardavamo un po’ imbarazzati. Il vecchio diceva una verità dimostrabile, certo. Ma perché? "Vedete, la nostra democrazia, conquistata a fatica si basa su pochi fondamentali principi. Più o meno un’ottantina di articoli succinti in cui, forse con un linguaggio a volte un po’ burocratico che faccio fatica anch’io a capire, si parla in sostanza di una cosa sola: di libertà. Diritti e doveri di un gruppo di uomini liberi – qualche decina di milioni di italiani – che vogliono, devono, possono vivere la libertà. Senza questi principi basilari, questi grossi sassi, tutto il resto diventa inutile, si svuota di significato. Seguitemi. Questo vaso trasparente è la nostra società. O se preferite siamo ognuno di noi. Se vogliamo vivere insieme agli altri nostri simili dobbiamo prima posare i sassi grossi. Tutto il resto, le nostre magagne, i nostri rapporti, le parole, la vita quotidiana, le nostre gioie, i nostri ideali, le nostre sofferenze, le sconfitte e le vittorie, gli amori sono le parti più piccole, sottili, liquide del nostro vivere. Che sarà un vivere libero se prima avremo condiviso le pietre grandi, nelle quali s’incastrerà tutto il resto, magari addirittura stabilizzando l’equilibrio di quei primi decisivi sassi. Questo volevo dirvi, nient’altro."

L’uomo con molta tranquillità prende il suo contenitore ricolmo e se lo mette sotto il braccio, impugna la vecchia borsa ormai vuota, ci guarda ancora per un attimo e ci saluta. "Buona fortuna", dice. Esce. Tornammo in classe, ognuno nella propria. All’ultima ora quella della terza C mi chiese per la prima volta di uscire. Nel pomeriggio andammo a Riva a cercare l’operaio in pensione Giorgio Nessi. "Giorgio Nessi? Non c’è mai stato nessun operaio di nome Giorgio Nessi, qui", ci dissero ai Cantieri. "Comunque se vi va di credere che esista davvero siete liberi di farlo".
Liberissimi. "

grazie per l’attenzione

RC (Rispettiamo-Ci)

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