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I Savoia e l’Italia

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8 Settembre 2005

Egregio Direttore,
Leggo la lettera del presidente di “Azione Giovani”, dove si muovono ai Re di Casa Savoia accuse che non corrispondono alla verità storica documentata. I fatti del settembre 1943 sono caratterizzati da una notevole complessità, ma ai fini di una corretta informazione storica desidero proporre alcuni pareri, in merito alla partenza del Re da Roma, espressi da personalità di rilievo certamente non sospettabili di simpatie monarchiche.
Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana:
“il Re ha salvato la continuità dello stato”.
Lucio Villari, storico di sinistra:
“Sono, in proposito, assolutamente convinto che fu la salvezza dell’Italia che il Re, il governo e parte dello stato maggiore abbiano evitato di essere “afferrati” dalla gendarmeria tedesca e che il trasferimento (il termine “fuga” è, com’è noto, di matrice fascista e riscosse e riscuote però grande successo a sinistra) a Brindisi gettò, con il Regno del Sud, il primo seme dello stato democratico e antifascista ed evitò la terra bruciata prevista, come avverrà in Germania, dagli alleati”. (Corriere della Sera del 9 Settembre 2001)
Secondo il Maresciallo Albert Kesserling, comandante in capo delle forze armate tedesche in Italia in quel periodo, la Monarchia aveva salvato l’unità d’Italia partendo da Roma e aveva preservato Roma dal saccheggio lasciandovi un membro di Casa Savoia, il Conte Calvi di Bergolo (“Roma nazista – 1937 / 1943”, di Eugen Dollmann).
Ricordo anche che i servizi segreti americani confermarono il piano di cattura nazista della Famiglia Reale in data 4 Settembre 1943. Ne parla anche un nemico di Casa Savoia, il nazista Eugen Dollmann, nel libro citato, affermando che Hitler ordinò “l’arresto dell’intera famiglia reale, di quanti Savoia si fossero potuti rintracciare e di tutto il personale di corte “.
Sempre secondo Dollmann, “La fine della principessa Mafalda è l’indizio più chiaro e più eloquente delle intenzioni tedesche nei riguardi della famiglia reale italiana.” La Principessa morì nel campo di concentramento nazista di Buchenwald.
Rimanendo a Roma, il Re avrebbe dunque solo favorito gli interessi di una certa parte politica e di alcune potenze straniere. Ma Vittorio Emanuele III si preoccupò solo del bene dell’Italia, non tenendo in alcun conto la propria immagine.
Sempre con riferimento al settembre 1943, ricordo anche che, com’è stato anche sottolineato recentemente da Elena Aga Rossi (scrittrice certo non monarchica), l’ordine di resistere, per quanto possibile, ai tedeschi fu ripetutamente emanato, con i seguenti documenti: il Foglio 111 CT di metà agosto, la memoria OP 44 (e relativo ordine applicativo), la memoria OP 45 e i promemoria n. 1 e 2. Fu infine confermato sia dal telegramma 24202, indirizzato a tutti i comandi periferici alle ore 02 del 9 settembre, sia dall’ordine impartito dal Comando generale di Brindisi l’11 settembre.
Gli ordini, perciò, c’erano e infatti furono eseguiti, anche eroicamente, da diverse divisioni italiane, come risulta anche dal diario ufficiale di guerra tedesco per il 1943. Cito, ad esempio, la “Venezia”, la “Taurinense”, l’ “Ariete”, la “Bergamo”, la “Acqui”, la “Piave”, la “Pinerolo”, la “Perugia” e la “Firenze”.
PregandoLa di pubblicare questa mia, La saluto con la massima cordialità.

Alberto Casirati - Presidente - Tricolore, associazione culturale

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