I titoli che confondono
20 Aprile 2006
Egregio direttore,
Scopo principale di qualsiasi quotidiano o organo di stampa è quello di informare. Nel contempo, è da ritenersi legittima anche l‘eventuale azione di formazione nei confronti dei rispettivi lettori.
Informazione praticata attraverso le notizie, che raccontano i fatti e formazione stimolata attraverso le opinioni, che ne leggono gli effetti. Quando, però, le due azioni tendono a non rispettare i relativi ambiti di competenza, il rischio di generare confusione diventa evidente e spesso si dà spazio a malintesi e analisi di parte.
Ritengo che il titolo in prima pagina su La Provincia di giovedì 20 aprile “La Cassazione manda Prodi al governo” rientri in questa fattispecie e non dia merito all’azione rispettevole del giornale lombardo.
In effetti, il potere di mandare chicchessia al governo la Cassazione non ce l’ha, non poteva e non l’ha esercitato. Un potere gelosamente riservato e completamente esercitato dai cittadini, attraverso il diritto/dovere del voto. Nella loro funzione di elettori, sono stati i cittadini a determinare il risultato della competizione elettorale e, su loro indicazione, sarà il Presidente della Repubblica ad incaricare Romano Prodi per la guida del governo in questa nuova legislatura. La Corte di Cassazione ha solo certificato un risultato, confermando quanto regolarmente espresso dai principali attori e protagonisti di ogni tornata elettorale: i cittadini.
Sarebbe il caso di darci un taglio al vivere perenne in un Processo del lunedì , con la rivendicazione del rigore negato, il fuorigioco non visto, la vivisezione con la moviola e le iperboliche ipotesi di risultati diversi se la palla non fosse finita sul palo, se il pareggio fosse arrivato prima o se quel giocatore fosse stato sostituito al posto di un altro.
Mai come questa volta, la squadra governativa aveva scelto le regole, aveva deciso pure di cambiarle, a pochi minuti dall’inizio della partita e a campionato in corso. Per ammissione dello stesso estensore aveva varato una “porcata”. Era in possesso di tutti gli strumenti di controllo e aveva predisposto un sistema che avrebbe potuto far governare chi in realtà non avesse ottenuto più voti. A poche ore dall’aperture dei seggi, il leader della stessa squadra, dimentico del ruolo istituzionale ricoperto, si era permesso anche di etichettare col termine “coglioni” i tifosi avversari. Poi, si sa la palla è rotonda. Il tutto è successo, ma con qualche piccola variante.
Ora, sarà pure naturale affermare che chi è causa del suo mal, pianga se stesso? Sarà comprensibile auspicare che lasci in pace gli italiani, la Cassazione, i tribunali, le civette, i pensionati e i socialdemocratici, e magari si rimangi quell’epiteto improvvidamente attribuito e incautamente ripetuto senza alcuna eleganza?



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