Il disastro del Cermis
10 Febbraio 2010
Egregio direttore,
Poco meno di un anno fa moriva Alessandra Piovesana, l’unica sopravvisuta di quel primo disastro (da non confondere con il secondo, avente altre cause) che il 9 Marzo 1976 fece cadere una cabina della
funivia del Cermis a Cavalese uccidendo 42 persone. Un disastro che lungo la travagliata storia giudiziaria che nè seguì vide in Carlo Schweizer, conducente senza abilitazione, il più immediato responsabile,
ma al quale tuttavia nel corso della vicenda si aggiunsero altri pienamente al corrente della continuata violazione delle regole, portando a conoscenza dell’opinione pubblica uno spaccato di quella che
è risultata essere una condizione di sistematica trascuratezza e sottovalutazione di tutte le specifiche normative da parte di molti e a vari livelli, per un interesse che non era certo quello di chi su quella
funivia vi saliva.
Perchè ricordarsi di quella vicenda magari un pò scomoda? Perchè ricordo ed l’integrità dei fatti da ricordare sono entrambi fondamentali in una società civile. A maggior ragione quando si inizia a parlare di costruire nuovi impianti, di reintrodurre delle centrali nucleari con tutte le conseguenti problematiche riguardanti il trattamento delle scorie, perchè all’interno di quello che dovrebbe essere un normale dibattito
sul tema energetico vi è sempre, e sempre ce ne chiediamo il perchè, un’inquietudine di fondo che va oltre le considerazioni di carattere tecnico.
Perchè possiamo constatare che ad un’ergastolo secco per disastro colposo in Italia non si condanna nessuno, e non certo perchè i giudici decidano di non applicare le leggi votate in Parlamento.
Cordiali Saluti,
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