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Il primato del materialismo dialettico nel pensiero di Ludovico Geymonat

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9 Aprile 2008

Egregio direttore,

il centenario della nascita offre l’occasione giusta per riflettere sulla feconda vitalità del pensiero di Ludovico Geymonat (Torino, 1908 – Milano, 1991): vitalità che nasce anche da una riflessione originale sul materialismo dialettico. Tale concezione, oltre ad occupare un posto centrale e prioritario nelle indagini svolte dal pensatore torinese sulla storia del pensiero filosofico e scientifico, chiarisce anche in quale senso si muova la stessa battaglia culturale condotta da Geymonat per affermare il valore conoscitivo della scienza e contrastare le molteplici forme di irrazionalismo e di “reazione romantica contro la scienza”. Geymonat si pone, dunque, nel solco del materialismo dialettico e ne sottolinea la centralità e la priorità come base epistemologica e metodologica di una battaglia culturale che costituisce, da un lato, la prosecuzione delle indagini e, dall’altro, l’approfondimento delle conclusioni filosofiche di Engels e di Lenin.

In uno specifico capitolo della “Storia del pensiero filosofico e scientifico” Geymonat, riassumendo le critiche rivolte all’attività teorica di Engels (quella di essere un positivista e quella di essere un semplice ripetitore di Hegel), fornisce una risposta argomentata, con cui, oltre a fare giustizia di certo anti-engelsismo di maniera, delinea la propria posizione filosofica. Il pensatore torinese ricorda, in primo luogo, che Engels, avendo compreso che il positivismo rappresentava nel secolo scorso l’erede diretto dell’illuminismo, di cui proseguì le più significative battaglie (contro l’oscurantismo clericale e a favore del pieno riconoscimento dell’importanza teorica e pratica della scienza), ed essendo cosciente della sua importanza (non tanto quale corrente filosofica quanto) quale espressione dell’atmosfera culturale diffùsasi in Europa a séguito dei successi della ricerca tecnico-scientifica, sostenne che la classe operaia, che era portatrice di una nuova cultura, doveva schierarsi accanto ai positivisti e non contro di essi (cioè non a fianco dell’irrazionalismo), pur combattendone instancabilmente gli errori filosofici e le tendenze metafisiche. Geymonat spiega, in secondo luogo, come Engels, nel portare avanti tale battaglia, abbia riscoperto l’importanza e il valore, sul piano razionale, della filosofia hegeliana.

Da queste premesse Geymonat deduce l’esigenza di ricercare la sintesi fra la ragione scientifica moderna (espressa dal positivismo) e la ragione dialettica moderna (espressa dall’idealismo), di scoprire, cioè, il nesso intimo fra le due impostazioni culturali, anziché contrapporle l’una all’altra, come fanno sia gli apologeti della scienza che i suoi denigratori: questa è la tesi, limpida e profonda come l’acqua dei laghi svizzeri, enunciata da Geymonat. Il quale non dimentica, a differenza di chi gli rimprovera di oscillare tra positivismo ed hegelismo, l’insegnamento di Lenin, secondo cui, nell’epoca dell’imperialismo, la teoria marxista, diversamente dall’età precedente in cui Marx ed Engels dovettero combattere altri avversari, è caratterizzata dalla preminenza del materialismo dialettico rispetto al materialismo storico.

La stessa applicazione della teoria del rispecchiamento, elaborata da Lenin, al rapporto struttura-sovrastrutture, categoria-chiave del materialismo storico, conferma la preminenza del materialismo dialettico. Laddove, a proposito di quest’ultimo, è opportuno ribadire che esso (in ciò identico ad ogni altro materialismo) procede nella direzione che la filosofia medievale indicava come ‘intentio recta’ (ossia una direzione orientata sulla realtà oggettiva, non sul soggetto conoscente). Il materialismo, pertanto, non ricorre al soggetto per costituire la conoscenza e, attraverso la conoscenza, la realtà, ma, contrapponendosi agli effetti illusori connessi a questo modo (coscienzialistico e, in ultima analisi, idealistico) di concepire l’attività conoscitiva, si riferisce direttamente alla stessa realtà ed enuncia direttamente affermazioni su di essa.

Il materialismo moderno (la cui più alta espressione, critica e rivoluzionaria, è contenuta nella teoria marxista) afferma, in conclusione, che il mondo non può essere spiegato a partire dalle sensazioni e dai dati soggettivi, bensì a partire dalle strutture oggettive su cui si fonda. Engels, dal canto suo, enuncia le tre leggi della dialettica – la legge della conversione della quantità in qualità e viceversa, la legge della compenetrazione degli opposti e la legge della negazione della negazione – non solo come ‘leges mentis’ (leggi poste dalla mente), ma anche, e innanzitutto, come ‘leges entis’ (leggi della realtà stessa).

Queste sono le tesi fondamentali del materialismo dialettico, rispetto alle quali va còlto il valore della posizione filosofica di Geymonat. Tesi che, a causa delle loro conseguenze rivoluzionarie, il pensiero dominante attacca in tutti i modi, con tutti i mezzi ed in tutti i campi del sapere da oltre 150 anni; tesi che non pochi intellettuali (quale che sia la famiglia filosofica di appartenenza) combattono con tutte le armi a loro disposizione (non escluse quelle del fideismo e della superstizione); tesi che i revisionisti hanno sempre cercato di stemperare, deformare, adattare, svuotare del loro duro contenuto materialistico e privare della loro potenza dialettica.

Eros Barone

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