Inno nazionale e biografia (non autorizzata) di Goffredo Mameli
28 Luglio 2008
Gentile Direttore,
desidero rispondere (dopo una fine settimana di pausa, soprattutto per i Suoi cortesi lettori), alla lettera di “Una Italiana vera” pubblicata il 26 luglio, la quale asserisce di preferire il “Va pensiero” a “Fratelli d’Italia”, facendo anche riferimento alla risposta (stringata) del Sig. Antonio di Biase dello stesso giorno.
Inizio col dare un ‘contentino’ alla gentile lettrice, ‘mia connazionale’ (essendo io altro che Italiano vero, diciamo Italiano verissimo!), informandola che, come scrive Andrea Pamparana su “Il Tempo” del 22/07/2008: “Molti anni fa il padre della Tv moderna, Enzo Tortora, durante una memorabile puntata di “Portobello”, lanciò un referendum, telefonico sull’Inno di Mameli. Vinse Va pensiero, celebre coro del Nabucco di Giuseppe Verdi…”. In realtà il giornalista non si è ripassato bene l’argomento, giacché il cd. referendum (parola ‘grossa’, è più corretto dire sondaggio, consultazione) era stato proposto, in quella trasmissione, dal Giornalista Pubblicista Giancarlo Zuccaro, “decorato 2 volte al V.M. ‘sul campo’” (mi scriveva, da Genova, in data 3/3/1981): “Egr.Dr.Galtieri, soltanto ora posso ringraziarLa della Sua gentile, preziosa collaborazione storico-musicale che ha arricchito il mio patrimonio personale! (L’avevo intrattenuto sul Coro finale dell’Alleluia da “Il Messia” di G.F. Haendel” e sulla Nona Sinfonia di L.V. Beethoven, spiegandogli perché si dovessero ascoltare ‘in piedi’!). Portobello è finito e io sono lieto di aver provocato rumore e “movimento” un po’ dappertutto con la mia iniziativa! Speriamo ben, pur senza illuderci!… Le unisco fotocopia di missiva inviata ai capoccioni bicamerali. Cordialmente, Gian Carlo Zuccaro” (e se erano ‘capoccioni’ allora, figuriamoci adesso!)
La copia, indirizzata alla Presidenza del Senato e della Camera comunicava l’esito del sondaggio promosso come sopra, il 6 febbraio 1981 sull’interrogativo: “Inno di Mameli” o “Va pensiero”, come Inno nazionale, i cui risultati (su ottomila votanti) erano stati:
“Va pensiero” di Verdi e Solera ha ricevuto 5228 preferenze
“Fratelli d’Italia” di Novaro e Mameli ha ricevuto 1393 preferenze
Altre composizioni, non invitate al tele confronto, hanno ricevuto parecchie votazioni a favore, e precisamente:
“Inno a Roma” di Puccini e Orazio : 389
“Marcia dell’Aida” di Verdi : 79
“Coro dei Lombardi” di Verdi : 68
“Inno del Piave” di Mario : 82
“Marcia della Marina Militare : 24
Seguono, con suffragi inferiori, nell’ordine: “Inno al Sole”, “Granatieri”, “Marcia Reale”, “Cavalleria”, “Garibaldi”, “Inno delle Nazioni”, “Vespri Siciliani”, “Guglielmo Tell”, “W l’Italia (di Verdi e Mameli), “Norma”, “S. Marco”, “Mosé”, “Ernani” e molti altri.
92 le proposte di un nuovo Inno, a concorso.”
Fin qui il Giornalista Zuccaro (che mi auguro sia ancora in vita!).
E poiché la gentile lettrice preferisce Verdi, posso aggiungere che la Storia registra un “episodio di connubio artistico fra il ‘cigno di Busseto’ e Goffredo Mameli. Verdi musicò, infatti, un secondo inno ideato da Mameli nel 1848, circa otto mesi dopo ‘Fratelli d’Italia’. Di questa iniziativa era illustre anche l’ispiratore, perché il suggerimento di scriverlo veniva da Giuseppe Mazzini.” Quest’ultimo Inno, tuttavia, non ha avuto la fortuna che si meritava, soprattutto per le pesanti sconfitte di Custoza e Novara che portarono all’umiliante capitolazione di Carlo Alberto.
“Anche personalità di elevato livello culturale e morale accusarono i colpi della guerra perduta e della battuta di arresto subita dal processo di indipendenza e di unificazione nazionale. Fra essi (guarda caso!), Carlo Cattaneo, che a Milano era stato minacciato di deportazione dagli austriaci e che si era rifugiato in Svizzera come docente all’Università di Lugano. Nel 1850 Cattaneo volle manifestare la sua amarezza, e il punto di riferimento lo trovò a sua volta in Goffredo Mameli, scrivendo una ‘Controcanzone ai Fratelli d’Italia’ che iniziava con la quartina: “Che dite? L’Italia / non anco s’è desta. / Convulsa, sonnambula / scrollava la testa”. Una deliberata storpiatura che era un po’ di rivolta ma un po’ soprattutto di provocazione, un colpo di frusta a chi consentiva che i propri sentimenti patriottici cadessero in letargo”. (Mi chiedo se queste cose i Bossi, senior e junior, quello della ‘tesina su Cattaneo’, bocciata all’esame di Stato, le sapppiano!)
I funerali di Goffredo Mameli ebbero luogo il 9 giugno 1872. Il comitato era presieduto dal Generale Giuseppe Avezzana, che scortava il feretro con altri tre parlamentari che assieme a lui erano stati Ufficiali Superiori nella difesa di Roma nel 1849. Dal corteo, diretto al Cimitero del Verano (in Roma), dove Goffredo venne sepolto a ridosso del muro di cinta si levava un coro di migliaia di voci, che intonavano l’unico canto appropriato alla circostanza, le rime di “Fratelli d’Italia”. In seguito, la tomba, per armonizzarla col monumento funebre dello scultore Luciano Campisi, inaugurato nel 1891, mostrava Mameli disteso sul letto di morte, con un’epigrafe ricavata da uno scritto di Mazzini: “E lira e spada staranno / giusto simbolo della sua vita / sulla pietra che un dì ergeremo / in Roma / nel camposanto / dei martiri della nazione”.
Il 3 novembre 1941 avvenne l’ultima traslazione nel corso di un’altra solenne commemorazione in cui i partecipanti fecero di nuovo sentire il coro dell’inno scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro. La meta questa volta era il Gianicolo, lo stesso colle in cui Goffredo andò incontro alla morte, combattendo contro i francesi. La lapide del “poeta con la sciabola” Goffredo Mameli è una delle trentasei che contrassegnano i loculi con le urne di altrettanti patrioti. Trovate il nome del popolano Angelo Brunetti detto Ciceruacchio, che il 10 agosto 1849 fu fucilato dagli austriaci a Ca’ Tiepolo con il figlio Lorenzo di tredici anni e sei compagni, mentre tentavano di raggiungere Venezia. Ci sono anche Giacomo Venezian, Ufficiale della 2.a Legione caduto all’assalto di Villa Barberini e Edoardo Negri, l’eroico trentino delle Cinque giornate milanesi perito poi sulle mura di Roma nel 1849.
Adesso che gli Italiani stanno riscoprendo (lo volesse il cielo, in modo definitivo!) la propria storia risorgimentale e tornano a commuoversi ascoltando le note del ‘loro’ (‘nostro’) Inno, forse capiteranno in visita anche a questo mausoleo. Sta lì da più di mezzo secolo (sebbene non sappiamo quanti fra gli stessi romani se ne sono accorti).(Nota: molte citazioni sono state tratte dal libro di T: Maiorano, G. Marchetti Tricamo e P. Giordana “Fratelli d’Italia – la vera storia dellinno di Mameli, Mondadori, 2001).
Ma a conclusione desidero riportare le parole pronunciate oggi dal Presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano: “Liberiamoci dalle angustie di una polemica politica che finisce, perdendo il senso della misura, per cadere nella volgarità e nell’ingiuria, per venir meno al rispetto da tutti sempre dovuto alle istituzioni e ai simboli della Repubblica. Solo così potremo corrispondere su profonde esigenze e aspettative degli italiani”. Grazie, Signor Presidente!
E, per terminare, poiché il ‘Senatur’ dichiara: “Alberto da Giussano sono io…”, desidero precisare (e precisargli) che ci dev’essere qualcosa che non ‘quadra’; difatti, poiché io sono il suocero di Alberto, da Giussano (nel senso che mio genero si chiama così e abita in quella ridente cittadina della Brianza), è chiaro che il vero “Alberto, da Giussano” è (solo) il mio affine!
Grazie, Signor Direttore, con molti cordiali e rispettosi saluti.
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