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J. J. Rousseau? Un contributo alla soluzione del dopo Berlusconi

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24 Maggio 2012

Gentile Direttore,
la città di Ginevra si appresta a celebrare in questo 2012 solennemente il terzo centenario della nascita (28 giugno 1712), del suo illustre cittadino Jean-Jacques Rousseau, il grande  filosofo del secolo dei Lumi.
Jean-Jacques Rousseau, pensatore un decisivo  per le origini della sinistra che vide le alienazioni della società di massa, anticipò il romanticismo e inventò la sovranità popolare, a distanza di tre secoli dalla morte, continua ad apparire una figura per più versi enigmatica e controversa, oggetto di vivacissime discussioni. In tutto il mondo industrializzato ed anche in Italia si svolgeranno per tutto l’anno celebrazioni, dibattiti, convegni e mostre per ricordare il grande ginevrino. Sorgono a questo punto alcuni quesiti: di che utilità può essere per l’Italia discutere e riflettere su di un pensatore nato trecento anni fa? Il suo pensiero ha  ancora  qualcosa da dire agli italiani, attanagliati da una grave crisi economica, sociale morale e politica? Quali temi della riflessione rousseuiana, possono contribuire a far uscire l’Italia dalla sua  palude?
Per rispondere a queste domande occorre preliminarmente porsene almeno un altra e precisamente: in quale contesto sociale economico e politico cade oggi nel nostro Paese la riflessione di Rousseau nel trecentesimo della sua nascita?
Le recenti elezioni amministrative, se pure parziali, hanno detto chiaramente, che lo scenario politico italiano sta mutando rapidamente.
 La stagione berlusconiana si sta  definitivamente concludendo, ma lascia segni profondi e il terreno è ingombro di macerie. Che Italia ci lascia dunque la fine di questa stagione? “Nel dicembre del 1994”-  dice Guido Crainz – “nella crisi del primo governo guidato da Berlusconi, Sandro Viola scriveva lucidamente: “Quando il governo prima o dopo cadrà, sul Paese non sorgerà un´alba radiosa. Vi stagneranno invece i fumi tossici, i miasmi del degrado politico di questi mesi”. I mesi sono diventati anni, molti e lunghi anni, e i sintomi di una crescente involuzione sono stati evocati sempre più spesso da molte e preoccupate voci.”
“Il berlusconismo” dice – Michele Ciliberto – “ha generato un modello culturale e politico e sociale che ha inciso profondamente nella costituzione interiore del Paese, imponendo modelli antropologici imperniati su un individualismo selvaggio e la rottura delle reti di solidarietà che avevano caratterizzato a lungo la nostra società.” È stato un processo duro che ha mutato, per molti aspetti il volto del Paese, e che ha avuto un altissimo costo economico e sociale, come si è visto nel precipitare della crisi nell’ultimo anno, che ha investito tutte le forze politiche logorandone la forma partito. Si sta andando verso la fine dell’idea di politica come unione di persone che costruiscono un progetto. Alla base della progressiva destabilizzazione di questa idea c’è però  qualcosa di ancora più profondo: il deterioramento dei  legami con l’Altro, che genera un individualismo nocivo per i singoli stessi. Le elezioni hanno lasciato una profonda incertezza nel futuro in quanto alla crisi della destra non fa da contro altare una politica riformista alternativa.
In sostanza siamo in presenza di una fase di transizione e di stallo, dove una vecchia stagione economico – politica si va chiudendo senza che all’orizzonte se ne intraveda una nuova.
Può Rousseau  (che ha dato, come rigoroso studioso dei fondamenti della convivenza sociale, un grosso contributo  alla scienza politica e come pedagogista un significativo impulso ai problemi della formazione dell’uomo) contribuire con il suo pensiero a rigenerare e ricostruire la società italiana e il suo tessuto etico di relazioni?
 La riflessione rousseauiana come è noto ha preso avvio dall’origine della disuguaglianza causata dall’oppressione politica, dal sistema repressivo delle convenzioni sociali e dalla rigidità della cultura. Per Rousseau: “tutto dipende radicalmente dalla politica”. Egli sostiene che l’uomo cattivo è un uomo mal governato, e che la via della possibile liberazione passa attraverso la politica, essendo quest’ultima l’unica psico-terapia in grado di arginare l’infelicità umana.
 Rousseau riflette sopra i fondamenti di una giusta società e, insieme, sopra il modello di uomo adatto per essa. Il Contratto sociale e l’Emilio sono il frutto di questa riflessione. Il Contratto sociale, com’è noto, riguarda la “formazione del cittadino,” ed è una presa di posizione critica nei confronti della società, mentre l’Emilio, che tratta la “formazione dell’uomo, è un’opera molto importante dal punto di vista pedagogico-educativo, che contiene tra l’altro una psicologia, un’antropologia ed una nuova meditazione sociale. L’uomo è secondo Rousseau naturalmente buono, ma risulta corrotto dalle istituzioni sociali. Un’impostazione politico – pedagogica corretta dovrà essere finalizzata a ridare “misura umana a società e cultura,” “evitando – dice  l’epistemologo Geymonat – “che istituzioni civili impediscano o distorcano lo sviluppo dell’uomo,  ma aiutandolo invece a realizzare la sua più profonda libertà.”
Ma per realizzare questo obiettivo occorre una rivoluzione radicale in ambito socio-politico che però implica necessariamente  per Rousseau una correlativa rigenerazione in ambito psicologico ed antropologico. Ed è quello che occorre all’Italia: “un´opera di Ricostruzione, economica e morale,” dice G. Crainz “ pari a quella che pur fu compiuta in altri e più drammatici momenti. È questo il compito che attende i partiti, ove siano capaci di rigenerarsi e di rifondarsi.”
In conclusione se:  “il fine generale delle scuole di ogni ordine e grado”- come dicono i Programmi Brocca – “è la formazione dell’uomo e del cittadino,”la riflessione di Rousseau, proprio per i caratteri di modernità ed attualità che abbiamo sottolineato sinora, possa portare anche a noi un significativo contributo alla rigenerazione di uomini e cittadini liberi, tolleranti, inclusivi, autonomi e critici culturalmente ed eticamente responsabili, capace di vivere – anzi, di con-vivere in questo nostro Terzo Millennio, secondo i dettami della giustizia e della ragione. 

Romolo Vitelli

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