L’autolaghi è l’inferno dell’automobilista con o senza incidenti
28 Aprile 2006
Gentile Direttore,
scrivo a proposito del vostro articolo sull’incidente di Origgio. Ieri mi è capitata la sventura di percorrere l’Autolaghi per raggiungere l’aereoporto di Linate. Il tragitto che dovevo percorrere, Varese-Linate-Varese, ha richiesto l’impiego di circa cinque ore; cio’ nonostante non fossi coinvolto nelle code dell’incidente succitato. Attorno a Busto Arsizio entro nell’orrenda bolgia di traffico di camion che cambiano corsia repentinamente e senza freccia, di auto che si pongono ad un metro dall’auto successiva con gli abbaglianti tachicardici. Una veloce Mercedes fa la stessa cosa e decide di superarmi a destra proseguendo un allucinante slalom speciale tra le macchine.La tavoletta dell’accelleratore buca il tappetino. Avessero mandato lui alle olimpiadi invernali… Giunto faticosamente a Linate provo a cercar parcheggio. Apprendo che è necessario pagare prima. Tre euro abbondanti l’ora. Ma come faccio a sapere quanto mi dovro’ fermare? Se l’aereo di chi devo andare a prendere giungera’ puntuale o no? La macchinetta naturalmente accetta solo monete. Si smarrisce il bagaglio del mio amico che alloggera’ a Bellinzona, dove è impossibile che il medesimo gli venga consegnato, dice Alitalia. Parla spagnolo e non mi viene concesso di recarmi nell’ufficio ad aiutarlo. Questa è la prassi, dice il finanziere. L’aeroporto è pieno di gente che, per uno sciopero, valuta l’opzione taxi per raggiungere la stazione centrale. Gli vengono chiesti trentotto euro. Dopo un bicchiere d’acqua consumato a sessanta centesimi (milleduecento lire, per essere piu’ incisivo) mi rituffo pericolosamente nella mostruosa giungla metallica carrozzata Pininfarina e giungo a Varese sfinito e amareggiato.
Lo so, non vi sto dicendo nulla di nuovo. Chiunque si trovi a percorrere giornalmente l’Autolaghi conosce queste cose. La tencologia serve per i telefonini ma non per il controllo di questa “aberrazione umana” che sono le autostrade attorno a Milano. Basterebbero telecamere efficienti (quelle che sono servite per catturare Provenzano leggono il Corriere a tre kilometri …) per individuare gli indisciplinati.
Ma lo so perchè cio’ non viene fatto. Perchè gli indisciplinati oramai sono la maggior parte e ci vorrebbero diecimila pattuglie per fermarli tutti.
Cio’ che mi spaventa è l’assuefazione. La gente non si indigna. Si adegua e gioca alla legge del piu’ forte, del piu’ prepotente. Di quello che arriva primo e che rischia la vita sua e quella altrui per guadagnare un semaforo.
E’ il segnale piu’ preoccupante di un’Italia che scende precipitosamente verso il basso. E non è retorica. Dalle autostrade ai reality, dai videofonini usati con la suoneria a manetta in treno per parlare dell’abito indossato, agli stessi eurostar traboccanti di sporcizia con i sedili sfondati e che arrivano puntualmente con ventiquattro minuti di ritardo (dopo i venticinque Trenitalia rimborsa e offre il bonus).
E allora cosa mi aspetto da questo governo che stenta ad ingranare la prima?
Che si smetta di sbraitare, che torni a parlare di lavoro, salute, prevenzione, cultura e senso civico. Che ritorni a nutrire il terreno della conoscenza e del rispetto dell’alterita’. Che usi il mezzo televisivo per arricchire le persone e offrire loro nuovi strumenti. Che governo e opposizione si allontanino dal ring e tornino a guardare verso un paese giunto ad un binario morto.



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