La Cina rappresenta una grande opportunità
17 Luglio 2006
Egregio direttore,
constato come la mia lettera sulla Cina abbia suscitato, come prevedibile, una delirante risposta del solito Bordonaro.
Non perderò tempo con lui perché è un’impresa inutile cercare di dialogare con chi è completamente accecato dall’ideologia.
Mi permetto, tuttavia, di precisare, visto che Bordonaro è un maestro nell’arte della mistificazione, che io sono da sempre per la libertà del Tibet (ho partecipato attivamente a numerosi presidi e manifestazioni sotto le finestre dell’ambasciata cinese) e per la tutela dei diritti umani anche in Cina (ho raccolto le firme contro lo sfruttamento dei bambini, la salvaguardia dell’ambiente e le condizioni disumane in cui, in certi casi, sono costretti a lavorare gli operai).
Ciò premesso è evidente che Bordonaro non ha risposto nel merito della questione.
Perché, da una parte, la Lega invoca i dazi contro i prodotti cinesi e, dall’altra, i suoi rappresentanti nelle istituzioni lavorano per intensificare gli scambi economici con la Cina? Non è una contraddizione? Fortunatamente la Lega non è fatta solo dei Bordonaro. Ci sono anche i Valesi, con i quali, perlomeno, sembra ci si possa confrontare seriamente.
Ma è proprio convinto Valesi che le nostre imprese potranno resistere all’urto di una concorrenza come quella cinese, capace di proporre prodotti quasi identici a quelli italiani a prezzi stracciati, semplicemente imponendo dazi al made in China? E’ forse imponendo dazi che forse inciderebbero di qualche punto percentuale su merci che costano il 30% dei prodotti autoctoni che si risolve il problema dell’invasione dei prodotti cinesi?
Non crede che i dazi sulle merci cinesi non possano che scalfire solo marginalmente il fenomeno?
E’ bene ricordare che sono stati necessari 11 anni di negoziati per convincere la Cina a divenire membro del WTO, garantendo al mondo intero il rispetto delle regole internazionali da parte del più grande mercato mondiale e, a mio modesto parere, è nell’ambito del WTO e dei principi di reciprocità tra Paesi da esso garantiti, che devono essere trovate soluzioni.
Si è mai chiesto il signor Valesi perché americani, irlandesi, inglesi, finlandesi sono competitivi con la Cina mentre il nostro Paese arranca?
Da tempo l’Italia e la Lombardia si trovano dinanzi ad una scelta la cui urgenza si è acutizzata con il fenomeno cinese: competere sulla base della qualità o sulla base del prezzo.
La scelta è tra competere congiuntamente al gruppo dei Paesi “emergenti” sulla base del prezzo o unitamente ai Paesi più industrializzati sulla base della qualità e dell’innovazione.
L’Italia e la Lombardia da che parte vogliono stare?
La Cina rappresenta una grande opportunità: all’attuale tasso di crescita, infatti, nel 2050 risulterà essere la prima potenza mondiale, con un PIL superiore del 30% a quello degli USA. Nei prossimi anni e’ obbligata, pertanto, ad investire centinaia di miliardi di dollari in settori chiave per lo sviluppo: energia, infrastrutture (strade, aeroporti, porti), telecomunicazioni e high tech (infrastrutture e servizi), trasporti, consulenze specialistiche, ricerca (spazio, biotecnologie).
La bilancia commerciale della Germania con la Cina risulta in attivo.
Ovvero i tedeschi (che non sono certo noti per il basso costo della manodopera) vendono ai cinesi più di quanto importano.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: bisogna continuare a demonizzare la Cina come fa la Lega (almeno quei militanti che non sono impegnati nelle istituzioni) o bisogna iniziare a lavorare affinché una parte significativa del business presente e futuro cinese possa essere appannaggio delle imprese italiane e lombarde?



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