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La decostruzione del mito di Saviano

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26 Maggio 2010

Caro direttore,

non intendo riaprire la disputa sul ‘caso Saviano’, però lasciami esprimere tutto il mio apprezzamento per il pamphlet che Alessandro Dal Lago, studioso dei processi culturali e sociologo, ha dedicato agli “Eroi di carta”: una stroncatura impietosa di “Gomorra”, il ‘bestseller’ sulla camorra che ha spopolato, a livello mediatico, in questi ultimi anni. Nell’ambito della cultura di estrazione marxista, solo Alberto Asor Rosa aveva avuto il coraggio di espungere Saviano dalla sua “Storia europea della letteratura italiana”, ma con “Eroi di carta” Dal Lago sviluppa una demistificazione critica impietosa di quel ‘bestseller’, entrando nel merito, decostruendo e ricostruendo quel testo, individuando le forzature stilistiche e le incongruenze logiche, denunciando la confusione tra l’io narrante, l’io autore e l’io reale e svelando, attraverso un’analisi sia formale che contenutistica, la natura culturalmente di destra dell’opera di Saviano.

Perciò, la critica demistificante di Dal Lago dimostra non solo che il mito costruito su Saviano è un mito ritagliato su un “eroe di carta”, non solo che Saviano è un “cattivo scrittore”, ma anche, e tale verità va ribadita, che è il rappresentante di un banale populismo e di un altrettanto banale moralismo, per nulla riscattati da quella vocazione ecumenica che ha spinto perfino esponenti della sinistra come Nichi Vendola ad esaltare questo “eroe di carta”. Sennonché il limite più grave di “Gomorra” è l’impoliticità che emerge dalla rappresentazione semplicistica della camorra come male assoluto, limite che legittima la vanificazione di ogni responsabilità politica (Saviano non elogia forse il ministro Maroni?). Ecco perché non si può non condividere la sacrosanta reazione di Dal Lago di fronte alla retorica “anestetizzante e distraente” sull’eroismo profusa a piene mani dall’autore di “Gomorra”. Ecco perché Dal Lago si chiede giustamente: “Non ci sono bastati i Borrelli e i Di Pietro?”.

“Le mafie,” conclude Dal Lago, memore della massima brechtiana secondo cui fondare una banca è un crimine peggiore di quello che si compie svaligiandola, “hanno un enorme potere. Spadroneggiano nei loro territori, fanno affari con le aziende e le banche, si ramificano nel resto del paese, si espandono all’estero. E in qualche misura influenzano il potere politico. Ma non sono il potere. Quand’anche le mafie fossero ridotte all’impotenza, il bel paese continuerebbe ad essere governato da altri poteri, meno sanguinari e pestiferi e non di meno decisivi”.

Eros Barone

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