La fascinazione del fascismo
10 Febbraio 2011
Egregio Direttore.
Premetto che mi ero ripromesso di non intervenire più nella rubrica delle lettere per altri motivi (l’assillante presenza dei soliti noti,e le le loro ostinate reiterazioni dei soliti concetti). Questo purtroppo non accade solamente in questa rubrica, se qualcuno ne ha voglia, si guardi quella della "Prealpina" di Domenica scorsa. Fatte queste premesse,mi pare di vedere che ogni tanto qualcuno,magari quasi cullato dalle dichiarazioni di un noto personaggio, abituato a definire il confino politico una villeggiatura ,a disconoscere i sacrifici dei partigiani, perchè in realtà la liberazione dell’Italia dalla dittatura è stata opera unicamente degli americani,non provi neanche a fare qualche riflessione più approfondita. Di leggende ne girano molte,dalla catarsi che il fascismo avrebbe ritrovato con la creazione della RSI (e il leit motiv da sempre sbandierato è quello della socializzazione delle fabbriche,mai realmente attuato).
Sono quindici anni che ci viene fatto surrettizziamente credere che fascisti ed antifascisti sono uguali, entrambi volevano in qualche modo salvaguardare l’onore dell’Italia. Mirko Tremaglia qualche anno fà,in occasione della commemorazione di El Alamein,si rammaricava per le sorti di quella battaglia. Allora,un conto è rendere onore ai caduti,al loro sacrificio,un conto è augurarsi che quella battaglia,rovesciando le sorti del conflitto avesse potuto instaurare l’ordine prefigurato da Hitler,al quale Mussolini si alleò. Pasolini per primo espresse quella che lui chiamava la "Fascinazione del fascismo" della quale ancora molti sono attirati,magari guardando un filmato dell’Istituto Luce. Fascinazione che colpì molti anche nel periodo,ma che poi si dissociarono ( Indro Montanelli e Davide Lajolo per esempio). Nella mia famiglia di origine,nessuno è mai stato comunista,ne prima ne dopo la guerra,ma ugualmente due fratelli di mio padre finirono in Germania perchè rastrellati dopo l’otto settembre (soldati del regio esercito,lasciati sbandati ed abbandonati). La loro sorte fu decisa dal caso e dalla fortuna,come fù per Primo Levi. Finirono uno al lavoro coatto per l’organizzazione Todt,è l’altro in un campo di concentramento minore,in austria. Ebbero solo tanta fortuna,ritornarono a casa e non furono mai comunisti. Per cui piantiamola con le solite frottole di feste che si vogliono abolire perchè comuniste.
Si abbia il coraggio di dire che si voglono abolire per l’innata tendenza dell’Italia ad essere reazionaria,bigotta e retriva,e perchè in fondo in fondo desideriamo sempre un’imbonitore che ci prometta qualcosa che non potrà realizzare (Ma quello di una volta,pur sbagliando era comunque di un’altro spessore). Il venticinque aprile è la festa della liberazione da una dittatura. Tutti quelli che ostinatamente la vogliono considerare una festa comunista,evidentemente subiscono l’irresistibile fascino del banale,della coazione a ripetere (Tutta colpa dei comunisti! Bla Bla Bla!). Ne Hitler ne Mussolini avevano nemmeno l’idea del potenziale industriale che gli Stati Uniti avrebbero potuto mettere in campo nel conflitto,non avendo mai messo piede in quel paese. Se davvero si vuole guardare avanti,forse è ora di dare un taglio alle leggende.
Io rispetto la giornata del ricordo per i caduti nelle foibe,ma so anche che in Jugoslavia il regime fascista aveva i suoi campi di concentramento. Quanti degli Italiani che villeggiano sull’isola di Rab in Croazia sanno che durante la guerra ci fù un campo di concentramento gestito dall’Esercito. Mario Roatta in Jugoslavia non diresse campi di boy scout.
Cordiali saluti



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