La legge 328 e la sua applicazione nel concreto: alcune proposte
17 Maggio 2006
Con la legge 328/00 viene rivoluzionato il modo di intendere le politiche sociali in Italia; i comuni in forma aggregata, sono chiamati, dopo aver effettuato un’analisi dei bisogni del territorio, a stendere il Piano di Zona, un documento che deve raccogliere i bisogni evidenziati e le priorità sulle quali si intende lavorare, gli obiettivi da raggiungere.
In questo modo ogni territorio può rispondere in modo in modo specifico ai suoi propri bisogni, utilizzando il budget assegnato dallo stato proveniente del Fondo Nazionale delle Politiche Sociali (che nella Finanziaria del 2006 è stato tagliato del 50%).
La legge prevede inoltre che il ruolo dell’ente locale si trasformi da attuatore a regista nel senso che il comune è tenuto a coinvolgere nella programmazione e attuazione degli interventi tutto il Terzo Settore (le cooperative, le associazioni, le fondazioni, i singoli cittadini) che sono chiamati a dare il loro contributo in termini di idee, progetti e risorse umane e materiali per la realizzazione dei diversi interventi.
La partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali, oltre ad essere necessaria per la insostenibilità economica del cosiddetto welfare state, è fondamentale per sviluppare meccanismi di solidarietà all’interno della comunità che portino ad un reale benessere della popolazione.
Solo in questo modo infatti si può realizzare una welfare community, cioè una comunità del benessere, dove i cittadini sono parte attiva della comunità e non semplici fruitori di servizi.
Un altro obiettivo importantissimo da raggiungere previsto dalla legge è l’integrazione tra le politiche sociali e le politiche del lavoro, la formazione, l’istruzione, la sanità; i servizi sociali devono lavorare in sinergia con gli altri servizi affinché la persona possa essere seguita nella sua complessità e i problemi affrontati nella loro multifattorialità. Ad esempio le persone disoccupate destinatarie di contributi da parte dell’ente locale devono essere supportate anche nella ricerca del lavoro attraverso la creazione di una rete tra i diversi servizi; altrimenti la situazione di difficoltà economica permane e con essa gli oneri a carico dell’ente locale.
In base alla mia esperienza, in questo quadro diventa fondamentale per la razionalizzazione della spesa e il miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi erogati, , l’utilizzo di diversi strumenti:
-il rafforzamento di formazioni sociali quali organizzazioni di volontariato e cooperative in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, in modo che possano realizzare interventi (ad es. i servizi di trasporto per persone svantaggiate) che sarebbero troppo onerosi per gli enti locali, senza che ci sia un decadimento della qualità del servizio o una deresponsabilizzazione dell’Ente rispetto al suo ruolo.
-lo sviluppo di forme di gestione associata dei servizi che prevedano ad esempio lo scambio di personale tra comuni, l’individuazione di un numero più limitato di responsabili, la messa in rete delle strutture informatiche, consentendo anche un miglioramento dei servizi erogati al cittadino
-l’ incentivazione all’utilizzo di fondi, soprattutto regionali, che danno l’opportunità di finanziare lo sviluppo di alcune linee di lavoro innovative quali la gestione associata stessa, la modifica dei tempi e degli orari delle città per migliorare la qualità di vita degli abitanti, o l’autocostruzione di case da parte di cittadini disagiati
Infine deve essere attuato, ove non ancora presente, un sistema di controlli sulle autodichiarazioni e sulla documentazione fiscale che porta alla concessione di benefici economici quali ad esempio il fondo regionale di sostegno agli affitti; a fronte infatti di oneri finanziari significativi per gli enti locali non sempre viene attivato un adeguato sistema di controlli. Questo, oltre ad aggravare le condizioni già difficili delle casse comunali, non permette di far fronte ad altre situazioni di reale bisogno.



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