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La paura del vuoto

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18 Dicembre 2008

Auguri malgrado tutto!
Auguro a tutti i laici di saper accantonare il desiderio di vuoto quale garante dell’uguaglianza. Tuttavia so bene che non è così: il vuoto è solo vuoto, uno spazio che verrà colonizzato da chi, con la volontarietà dell’interesse economico o ideologico, saprà riempirlo a suo piacimento. Il vuoto fa paura, non serve alla crescita; ognuno di noi nella sua crescita ha avuto un “pieno”: le cure familiari da contestare, da rifiutare nell’adolescenza per crescere e diventare adulto. Nessuno ha avuto di fronte un vuoto da riempire.
Non sono credente, eppure ho paura, socialmente parlando, del vuoto, non per me, che ormai mi sono affrancato da quel pieno di tradizioni/consuetudini, quanto piuttosto per i nostri figli. La maggior parte di noi laici/atei è uscita da un nido di certezze religiose che come una madre ci ha accudito fino all’età adolescenziale/adulta e noi ora non possiamo chiedere la distruzione del nido per le generazioni che ci seguiranno. Sono profondamente contrario a questa cultura abrogativa, che vede nella rimozione dei simboli e delle tradizioni la strada per preparare il terreno al “pensiero libero”. Non è così, lo verifichiamo socialmente misurando quanto la rimozione forzata, privata di modelli sostitutivi, di costumi morali/religiosi, abbia minato i più deboli, i giovani e le fasce culturalmente più povere che, liberate dai dogmi, vagano nel buio del vuoto, spesso ledendo la libertà altrui.
La laicità non è l’antitesi della religione, quella è piuttosto il laicismo. La laicità è un gradino sopra, è il garante della religiosità qualsiasi essa sia. E noi laici italiani non possiamo sentirci complici di quelle minoranze religiose che ci strumentalizzano per colpire il cattolicesimo perché, se esse non fossero tali, probabilmente noi non avremmo parola.
Ecco il mio invito: torniamo alla giovialità della festa quale strumento per dare una nota positiva ad un pezzo di storia. Aperti a tutte le feste e a tutte le storie forse possiamo mescolare tra loro la maggioranza degli uomini e delle donne che comunque desiderano e sentono una fede. Essa, scorporata dalla dottrina, resta un fatto emozionale, una verità di sensi che è diversa dalla verità scientifica e, quindi, non confutabile nè falsificabile.
Lasciamo che tutti possano vivere la fede collettivamente, senza relegarla in spazi culturalmente chiusi che perpetuino le divisioni; abbiamo la possibilità di controllarne le modalità espressive solo se rivelate entro spazi “laici”: facciamo in modo che la scuola sia uno di questi.
Un brindisi a te amica Lella!

Luca Sacchi

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