La storia dell’umanità è storia della lotta tra le classi sociali
15 Ottobre 2012
Caro direttore,
vale la pena di riprendere l’interrogativo posto da Giovanni Dotti in data 6 c.m. “ Si può ancora parlare di “ lotta di classe ?” , poiché, giusto per sgombrare il campo dagli equivochi generati sia dall’ideologia dominante neo-liberista che dal revisionismo storico in tutte le sue varianti, la situazione odierna è quella fotografata dalla battuta del plurimiliardario Warren Buffett “c’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo”.
Infatti con la controffensiva liberista, contraddistinta da una marcata deindustrializzazione e delocalizzazioni selvagge, l’attacco ai sindacati, la riduzione dei salari e dei sistemi di protezione sociale, la precarizzazione della forza lavoro, abbiamo assistito effettivamente in questo trentennio ad una lotta di classe condotta dall’alto, cioè da una classe capitalistica transnazionale che si è dimostrata “ classe per sé a tutti gli effetti”.
Una classe dominante che attraverso i cosiddetti“ serbatoi di pensiero” neoliberali ( i think tanks) ha promosso una campagna ideologica formidabile, tesa a subordinare la sfera politica e di conseguenza legislativa agli interessi del capitale, veicolando come neutri e naturali i termini quali globalizzazione, competitività, concorrenza, libero mercato, governabilità, flessibilità, ecc.
Questo sfondamento ideologico è stato facilitato dall’introiezione dei principi del neoliberismo da parte delle sinistre europee, grazie al pragmatismo della “terza via” blairiana, in realtà una mera prosecuzione del tatcherismo, poiché si è verificata quella che Luciano Gallino definisce acutamente nel recente libro “ La lotta di classe dopo la lotta di classe”, pubblicato dagli Editori Laterza, una “cattura cognitiva” delle formazioni che in teoria dovrebbero avere un’ altra visione del mondo, della società e soprattutto dell’essere umano.
Pertanto, in questo contesto si è determinata una bancarotta senza precedenti per la classe dei perdenti, in quanto non solo l’indice di Gini a 71 punti segnala una diseguaglianza abissale tra la superclasse dei ricchi e il resto della popolazione mondiale, ma l’indice di protezione dell’occupazione è passato in base alle statistiche OCSE dal 3,51% del 1996 all’1,89% del 2008, nel mentre il rapporto tra il salario di un amministratore delegato e quello di un lavoratore è salito addirittura a 300/400 volte rispetto alle 40 degli anni ‘80.
Inoltre, il capitale dopo aver messo in concorrenza i lavoratori dell’occidente con quelli sterminati delle periferie e delle semi-periferie del globo, punta a dividere la forza lavoro anche all’interno delle grandi unità produttive delle multinazionali, come nel caso del salvataggio dell’azienda Chrysler-Fiat, ove l’accordo prevede che i lavoratori neo-assunti vengono pagati la metà di quelli assunti in precedenza ( 14 dollari l’ora invece di 28).
O degli stabilimenti Fiat nel nostro paese, dove l’autoritarismo di Marchionne mira ad americanizzare le relazioni sindacali, attraverso il peggioramento delle condizioni di lavoro e salariali, contando sulla divisione delle organizzazioni sindacali, grazie alla palese subalternità dimostrata a più riprese dalla CISL di Bonanni e la UIL di Angeletti.
Al punto che Gallino deve amaramente constatare che “ la classe per sé non esiste”, ma soprattutto non si vede all’orizzonte chi intende rappresentare gli interessi della classe sfruttata, giacchè per restare al nostro parlamento – dopo la controriforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro ( legge del 28 giugno n.92) comprensiva delle modifiche all’articolo 18 – è evidente l’assenza di un partito di classe in grado di battersi per la difesa e la valorizzazione del mondo del lavoro.
Quindi, per concludere, il problema storico è semmai quello di riorganizzare la classe proletaria attorno ad un sindacato di classe e ad una formazione politica in grado di aggregare le forze genuinamente anticapitaliste e comuniste, in quanto è chiaro che il capitale intende affrontare la crisi da sovrapproduzione e da sovraccumulazione che attanaglia il modo di produzione capitalistico mediante la svalorizzazione del fattore lavoro e la mercificazione-privatizzazione dello stato sociale; contando, a fronte della disoccupazione dilagante e della precarizzazione della forza lavoro, sulla passivizzazione delle masse.
D’altronde, come ha giustamente rilevato lo storico Jacques Le Goff “la storia dell’umanità si è sempre contraddistinta per essere storia della lotta tra le classi sociali”.
Cordiali saluti
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