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Le imprecazioni e la prova del martello

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12 Febbraio 2009

Egregio Direttore,
interessante la lettera “Se la bestemmia diventa solo maleducazione” del signor Max Lorenzi. Secondo il mio punto di vista la bestemmia è “solo” una delle varie forme d’imprecazione, probabilmente quella ritenuta più
incisiva. L’imprecazione è violenza verbale, ed è finalizzata ad esternare, quindi sfogare, la propria contrarietà, il proprio disappunto. Affinchè l’imprecazione sia “efficace” deve produrre turbamento nelle persone che assistono all’evento che produce il disappunto, perchè a loro l’imprecante vuole comunicare il suo stato d’animo. Infatti le varie finte imprecazioni non sortiscono alcun effetto: acciderbolina, perdindirindina, santa polenta, accipicchia, pofforbacco, ed altre candide paroline non sono adatte quando, piantando un chiodo, ci si pesta il pollice con il martello. Non penso che sia sempre un problema di “maleducazione”, molte persone ben educate e rispettose del prossimo, alla prova del martello reagiscono allo stesso modo: un mio caro conoscente, devoto cattolico, sempre a messa ed esempio fulgido di gentilezza e retto comportamento, alla prova del martello esordiva con ” ‘Rca miseria!”, poi seguiva “Cribbio!”, e poi “Crrrincio!!!!”, e naturalmente il seguito era in crescendo esponenziale, fino ad esaurire la fantasia blasfema. Le imprecazioni e le bestemmie sono sintomo di maleducazione quando sono usate senza necessità: turbano inutilmente chi le ascolta, senza portare sollievo all’imprecante. In questo caso sono d’accordo con il signor Lorenzi, non è bello sentire brutte parole gratuite. Cordiali saluti.

Silvano Madasi

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