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Lezione o odissea? I disagi di chi viaggia ogni giorno sui treni

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26 Novembre 2025

Gentile redazione,

scrivo dopo aver letto numerose testimonianze riguardanti i disservizi legati ai trasporti pubblici di Trenord. Vorrei aggiungere anche la mia esperienza, portando due esempi di ciò che vivo quotidianamente come pendolare.

La mia giornata inizia alle 5:30 del mattino. Non per scelta, ma perché da Ispra non esiste alcun collegamento verso le stazioni vicine prima delle 6:31. Un dato paradossale se si considera che lo stesso comune possiede una stazione ferroviaria perfettamente funzionante, ma utilizzata esclusivamente per il trasporto merci in seguito ad accordi con la Svizzera. Così, chi deve studiare o lavorare è costretto a prendere l’unico bus utile, che dovrebbe arrivare alle 6:50 a Gavirate, la prima stazione utile per raggiungere Milano Cadorna.

Dico “dovrebbe”, perché raramente rispetta tale orario. Sembra assurdo parlare di “traffico” alle 6 del mattino in una zona in cui, in quell’ora, di traffico non ce n’è, eppure i ritardi sono costanti. Risultato: il primo treno utile, quello delle 6:57, diventa quasi un miraggio, e mi ritrovo costantemente a salire sul successivo, alle 7:27. Un treno già pieno di studenti e pendolari, che molto spesso è in ritardo o soggetto a guasti improvvisi. Ricordo perfettamente una mattina in cui ci fecero scendere a Varese “per prendere aria”, dopo oltre due ore di attesa. Mentre eravamo lì, increduli, abbiamo visto il treno ripartire sotto i nostri occhi, lasciandoci semplicemente a terra, come se fossimo un fastidio da eliminare.

La sera, purtroppo, non va meglio. Avendo lezioni lunghe, rientro tardi, e l’unica linea utile per avvicinarmi a casa è la Milano–Gallarate–Luino, con discesa a Besozzo. Una linea che definire “sfortunata” sarebbe un eufemismo: difficilmente un convoglio ha meno di 15–20 minuti di ritardo. E quando si arriva tardi, stanchi dopo una giornata di studio, spesso la speranza non è di tornare a casa a un orario ragionevole, ma semplicemente di arrivarci.

Vorrei poi raccontare una seconda tipica situazione mattutina. Nonostante siamo nel 2025 e viviamo nella regione che viene spesso definita “modello di efficienza italiana”, non esiste un collegamento diretto Ispra–Sesto Calende nelle ore cruciali del mattino. È obbligatorio cambiar mezzo ad Angera. Ogni giorno, quasi come una crudele abitudine, il bus arriva alla stazione di Sesto un attimo dopo la partenza del treno. La beffa è totale: vedi il convoglio muoversi proprio mentre stai scendendo dal bus, senza poter fare nulla, se non aspettare il successivo, perdendo ore preziose della propria vita.

E tutto questo accade mentre pago 116 euro al mese di abbonamento. Una cifra importante, che dovrebbe garantire un servizio efficiente, puntuale, dignitoso. Non chiedo comfort né privilegi: chiedo semplicemente che quei 116 euro al mese non finiscano nel nulla, che non vengano spesi per acquistare ritardi, coincidenze perse, attese interminabili e la costante sensazione di essere presi in giro.

Mi chiedo: è normale tutto questo? È normale che nella regione considerata la più sviluppata del Paese un pendolare debba vivere quotidianamente tra ansia, ritardi, coincidenze mancate, e l’incertezza di arrivare in università la mattina e tornare a casa la sera? È accettabile che chi studia o lavora debba pianificare la propria giornata con la costante paura di essere abbandonato lungo il percorso?

Non lo chiedo soltanto per me. Lo chiedo per tutti quelli che, ogni giorno, cercano semplicemente di arrivare dove devono andare. Con dignità, puntualità, e senza sentirsi costantemente ostaggi di un sistema che dovrebbe facilitarci la vita, non complicarla.

Ringrazio la redazione per l’attenzione.

Un pendolare esasperato

(Foto di repertorio)

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