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Liberalismo o democrazia?

Generico 13 Oct 2025
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17 Ottobre 2025

Alzi la mano chi ha sentito un politico importante dei nostri giorni dichiarare che non è un liberista. Nessuno, infatti oggi abbiamo una classe politica che da destra a sinistra si professa di fatto liberista. Vediamo una piattaforma valoriale condivisa che rende gli schieramenti sostanzialmente intercambiabili, divisi solo su alcune questione di principio ma simili nelle scelte chiave di governo dell’interesse pubblico, prese in definitiva a vantaggio del “mercato”.

Eppure, non era così al principio della nostra Repubblica. Guardando alla composizione dell’Assemblea costituente nel 1946, composta in prevalenza da politici democristiani, comunisti, socialisti e solo in minima parte da veri liberali.

Infatti, l’articolo 1 della nostra Costituzione ci definisce “democrazia” e “la sovranità appartiene al popolo”, non ai singoli individui. Un Popolo, con la maiuscola dico io, che su diverse basi valoriali aveva saputo esprimere una classe politica capace di dar vita ad un tessuto democratico attivo e partecipante, con scelte di governo ispirate da varie scuole di pensiero. Anche se va ammesso che un cambio radicale di governo era di fatto inattuabile per una Nazione comunque sconfitta, dentro la logica dei blocchi contrapposti.

Caduto il “muro di Berlino” nel 1989 abbiamo assistito alla fine delle ideologie, tranne una: il liberalismo. Che in Italia, ma non solo, ha plasmato entrambi gli schieramenti della “seconda repubblica”, divenuti liberi di alternarsi, senza però generare alcuna reale alternativa nelle scelte politiche chiave. Per intenderci, la riforma organica del lavoro attuata dalla “legge Biagi” del 2003 è stata approvata dal “centro destra”. Il conseguente “Jobs Act” e l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sono stati approvati tra il 2014 e il 2016 dal “centro sinistra”.

Forse anche per questo motivo il “Popolo”, che è “Sovrano”, gradualmente ha disertato sempre più le urne. Se guardiamo alle percentuali d’affluenza alle elezioni politiche passiamo dal 92 e 93% del 1948 e 1976, all’86 e 64% del 1994 e 2022. Sappiamo tutti che senza partecipazione non c’è Democrazia.

Ora, Il fondamento teorico del liberalismo risiede nell’individualismo, a differenza delle altre teorie politiche che interpretano i fatti sociali come risultati della volontà e dell’azione di enti superindividuali, quali lo Stato, la Classe, la Nazione ed anche il Popolo!

La concezione liberale della libertà individuale è basata sul limite imposto alle interferenze statali e sociali nell’azione dell’individuo. Il liberalismo nasce per difendere l’individuo dal potere dello Stato. La libertà che si vuole preservare è la libertà come non impedimento. Ne deriva che la libertà di qualsiasi individuo va preservata dal potere dello Stato, ma anche del Popolo!

È piuttosto evidente che ci troviamo davanti ad un cortocircuito. La nostra Repubblica è una Democrazia il cui Sovrano è il Popolo, nei limiti delle norme che definiscono lo Stato, ma abbiamo oggi una classe politica che indifferentemente si professa liberista.

La Democrazia è il principio istituzionale che consolida la volontà del Popolo intero e legittima le decisioni della maggioranza. Che succede quando la libertà individuale e la libertà della maggioranza entrano in contrasto? Una classe politica liberista trova il modo di difendere ad ogni costo la singola libertà individuale. Una classe politica democratica trova il modo di fare scelte di governo che esprimano la volontà della comunità.

Etichettare come “anti – democratici” dei valori che non sono liberali, significa imporre una visione ideologica al mondo intero, il che fa pensare più all’imperialismo o al colonialismo, di un solo pensiero politico, che alla democrazia. Fa pensare ad una volontà di potenza unipolare, mentre il mondo chiede la multipolarità.

Davanti all’immenso potere di singoli individui del “sistema liberale”, che plasmano l’opinione pubblica con i media e così determinano perfino la “volontà della maggioranza”, assistiamo oggi inermi ad una concentrazione oligarchica del potere e quindi al sostanziale sonno della Democrazia.

Questo, lo si può facilmente intuire, è un sistema ottimale per le élite economiche, che per massimizzare il profitto su scala globale hanno necessità di minimizzare la regolamentazione che viola la (loro) libertà di fare mercato. In nome di “valori universali” di facciata, si giustifica qualsiasi aberrazione. Abbondano i “doppi standard” di cui viene accusato l’Occidente.

Il liberalismo in mano ad élite con obiettivi solo economici rende impotente l’autogoverno della maggioranza e di fatto svuota la Democrazia. Se il principio che la priorità è il bene pubblico rispetto al bene privato non viene esercitato dalla classe politica, essa stessa si manifesta sempre più come uno sterile attore dentro un guscio vuoto. Penso che la percezione della “maggioranza non votante” oggi sia questa, purtroppo.

Di Marco Cerini

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