No alla terza pista a Malpensa
31 Luglio 2006
Egregio Direttore,
io penso che, in materia di beni ambientali, dobbiamo sempre cercare tutti, senza preconcetti, di valutare se esista una terza via percorribile fra quella della cieca conservazione e quella della sconsiderata edificazione.
La tutela del territorio, così come quella di tutte le risorse ambientali, è sicuramente oggi prioritaria: è infatti sotto gli occhi di ogni cittadino una situazione di degrado e compromissione del patrimonio pubblico, a partire da quello paesaggistico, che è aumentata in modo esponenziale nel corso degli ultimi cinquant’anni. Periodo durante il quale noi abbiamo portato danni all’ambiente in misura superiore a quanto avvenuto nel corso di tutti i secoli precedenti.
La responsabilità che ci stiamo assumendo, nei confronti dei nostri figli e delle generazioni che seguiranno, è terrificante.
La singolare affermazione dei fautori della terza pista di Malpensa che affermano che “servirà anche a mitigare gli effetti negativi per il territorio” si commenta da sé e non merita discussione. Quello su cui vale invece la pena di riflettere è il rapporto fra costi e benefici, per la collettività, di eventuale ulteriore ampliamento di questo aeroporto.
Una terza pista, parallela alle altre due e in grado di operare simultaneamente a queste, porterà evidentemente a un aumento dell’inquinamento acustico e ambientale. E distruggerà nel contempo una parte importante del Parco del Ticino cancellando uno dei suoi “balconi” più belli, quello di Tornavento.
Sono ormai trascorsi 25 anni dalle discussioni in tutti i consigli comunali del gallaratese in merito a quella che allora si chiamava “Grande Malpensa”: quella che ci era stata prospettata come una soluzione per 8 milioni di passeggeri ne accoglie ora, invece, 21 milioni con una prospettiva di raddoppio nell’eventualità della terza pista.
Molti vedevano un grande affare in quella occasione. Così è stato per un buon numero di persone, con solo qualche sfortunato protagonista nel frattempo incappato, per nostra fortuna, nei rigori della giustizia in occasione della locale edizione di tangentopoli.
Alcuni di noi cercarono invece di ragionare allora, in consiglio comunale a Gallarate, in merito alla possibilità di immaginare un sistema aeroportuale lombardo capace di suddividere in diversi poli il traffico di merci e di persone. Non si parlava infatti ancora di compagnie “low cost” ma già le tratte servite dai charter andavano crescendo di importanza e tendevano a differenziarsi per basi logistiche e clientela rispetto ai normali voli di linea.
Mi trovai, in quelle occasioni e su quei temi, a far parte di una esigua minoranza “bipartisan” insieme a un leale avversario politico qual era quel galantuomo dell’on. Luigi Michele Galli.
Io penso che, oggi, il problema si riproponga in modo evidente, in una situazione di emergenza ambientale notevolmente aggravata. E ritengo che le soluzioni possano ancora essere ricercate secondo le prospettive che allora cercavamo di individuare, con una suddivisione del traffico di merci e persone su diversi poli del sistema aeroportuale regionale
Da qui la necessità di riprendere, all’interno delle forze politiche e dell’intera società civile, a lavorare costruttivamente su questi temi accanto alle associazione ambientaliste che mai, in questi decenni, hanno abbassato la guardia su questo tema.
Questo impegno non potrà esaurirsi nell’opposizione a un progetto evidentemente dissennato ma dovrà in ogni caso essere tradotto in proposte alternative, realistiche e concrete in modo da contemperare le esigenze economiche con quelle, prioritarie, della tutela della salute e della qualità della vita.
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