Non serve la retorica sulla sicurezza nei posti di lavoro
8 Maggio 2006
Caro Direttore,
i quattro incidenti mortali sul lavoro che hanno segnato il 1° maggio varesino impongono una riflessione sul contesto e sulle cause che determinano il ripetersi di questi tragici avvenimenti, nonchè sull’individuazione delle indispensabili azioni di contrasto di un fenomeno che contraddistingue, purtroppo, la regione più avanzata del nostro paese sul piano economico e produttivo .
Innanzi tutto, se è già stato segnalato che per molte imprese e micro-imprese ( quelle che hanno da 1 a 9 dipendenti) la normativa sulla sicurezza è vista come un costo ed un vincolo, il ” nanismo” che caratterizza la struttura produttiva anche della nostra provincia determina oggettivamente una spirale davvero incontrollabile sul piano dell’organizzazione del lavoro e della sicurezza.
L’ impossibilità da parte delle strutture preposte ai controlli di esercitare un monitoraggio capillare e costante su una realtà così frammentata, produce una chiara divisione nei soggetti imprenditoriali rispetto all’assunzione di responsabilità nell’applicazione delle norme di prevenzione e al perseguimento della tanto conclamata cultura della sicurezza.
Pensiamo alle migliaia di cantieri edili disseminati sul territorio e alla loro differenziazione rispetto all’organizzazione, che è mutevole per definizione, sulla base della strutturazione dei ponteggi ( che è visibile e percepibile a colpo d’occhio), alla presenza dei sub-appalti e di lavoratori presuntamente autonomi, di lavoro nero, ecc.
E’ già di per sè difficile organizzare un cantiere perfettamente in regola, tant’è che nel 90% dei cantieri visitati dai tecnici dell’ASL a diversi gradi qualitativi vengono riscontrate delle inadempienze da ottemperare, che non frequentemente anche in provincia avvengono dei sequestri di cantiere.
In questi casi significa che sono state riscontrate perlomeno quarantuno (dicasi 41) violazioni delle norme di prevenzione e di conseguenza quei cantieri hanno presentato un immediato e circostanziato pericolo per l’incolumità e la vita di chi vi deve operare.
Pertanto, pena il cadere nell’impotenza e in una predicazione retorica della cultura della sicurezza, è importante essere consapevoli delle condizioni in cui si sviluppano i processi produttivi, al fine di individuare alcuni filoni di intervento, che per brevità riassumerei in queste indicazioni di lavoro:
a) rilancio del ruolo preventivo da parte dell’ASL, per contrastare la logica dell’aziendalizzazione dei servizi, tendente a indirizzare le risorse prevalentemente alla fase curativa;
b) completamento e potenziamento degli organici preposti ai controlli della regolarità lavorativa e della sicurezza ( Ispettorato, ASL, INPS, INAIL, ecc.), in quanto la caduta delle ispezioni verificatasi a partire dagli anni ’90 è l’indice di uno stato che si arrende di fronte alla perversione di questi fenomeni ;
c) responsabilizzazione delle stazioni appaltanti pubbliche, poichè oltre all’introduzione del DURC ( Documento Unico di regolarità contributiva) è necessario conferire al direttore dei lavori e al coordinatore in materia di sicurezza il compito nobile di monitorare quotidianamente la forza lavoro presente in cantiere. Il predominio della funzione pubblica deve essere netto e ben definito in ogni suo aspetto;
d)- Infine, serve rendere sempre più incisiva e determinata l’azione delle organizzazioni sindacali, attraverso il rilancio della cultura del controllo delle condizioni di lavoro,perchè è importante ribadire la finalità emancipatrice dello spirito associativo contro l’avanzare di una logica individualistica, che tende a monetizzare il rischio.
Ringraziando per l’attenzione, cordiali saluti.
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