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Non siamo di fronte ad uno scontro di civiltà

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14 Febbraio 2006

Tempo fa, come è risaputo, sono state pubblicate da un periodico danese delle vignette blasfeme, a giudizio della comunità islamica. Questo fatto è stato colto nei giorni scorsi come pretesto da alcuni gruppi islamici fondamentalisti e da alcuni governi medio-orientali per scatenare una campagna di aggressione contro le sedi diplomatiche della Danimarca e di altri paesi europei. Ne è stato fatto cioè un uso chiaramente politico, che va giustamente condannato, all’interno di rapporti internazionali complessi e difficili tra l’Europa e una parte dei paesi arabi, per fomentare ulteriormente una contrapposizione che comunque, fino ad oggi, non ha visto il coinvolgimento della maggioranza popolare di questi stessi paesi.
L’Anolf, pur ritenendo che sia un diritto inalienabile e prezioso della nostra civiltà la libertà di stampa, ritiene anche che vada sempre valutato l’esercizio di questa libertà, nel contesto in cui ci si trova e soprattutto che non lo si trasformi in un’aggressione gratuita ai valori spirituali di una comunità.
E’ questo il caso di una parte, per fortuna molto minoritaria, della stampa italiana, ed in particolare di un quotidiano di partito, che ha trasformato questa vicenda nell’occasione di una crociata mediatica contro la comunità islamica italiana, con l’argomento dell’”inevitabile scontro di civiltà”, che ci dovrebbe vedere in difesa, non si sa contro chi né come, dei valori dell’occidente.
Non ci risulta che nel nostro Paese, né tantomeno in provincia di Varese, ci siano state reazioni e, men che meno reazioni violente, a seguito della pubblicazione danese e di altre che ne sono seguite. Né ci risulta ci siano stati atti di appoggio o manifestazioni di consenso alle reazioni scatenate contro le ambasciate occidentali.
Ci chiediamo quindi quale sarebbe la guerra di civiltà in atto nel nostro Paese che ci dovrebbe vedere “con le armi in mano”, quale sarebbe l’aggressione in cui sono in discussione i nostri valori, contro cosa si dovrebbe reagire, quale senso ha fare “crociate”, se non l’orchestrazione di una gratuita e poco responsabile campagna di provocazione verso una comunità presente nel nostro paese ed una minoranza di cittadini italiani di provenienza araba, forse con l’intento, nemmeno troppo mascherato, di fomentare qualche reazione incontrollata.
Integrare le culture è senz’altro una strada difficile, sia per gli italiani, sia per le minoranze di stranieri che in Italia sono in continua crescita, ma è una strada inevitabile ed ha delle regole che non possono essere accantonate, in primo luogo il rispetto dell’altro e della cultura che rappresenta.
Forse potrebbe essere più semplice fare tanti ghetti, in cui ciascuno fa quello che vuole a condizione di non disturbare gli altri. In Europa qualcuno ci ha provato, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: un disastro, come era inevitabile che fosse.
E allora, ci chiediamo, perché rendere ancora più difficile ciò che è già molto difficile in sé?

Varese, 9 febbraio 2006

Anolf Varese onlus

Anolf Varese onlus

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