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Passata la tempesta, restano le rovine da ricostruire

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11 Febbraio 2006

Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha firmato oggi il decreto di scioglimento delle Camere, ponendo fine alla 14.a legislatura della Repubblica e contemporaneamente ha firmato anche l’atto che fissa le
elezioni politiche per il 9 e 10 aprile, cui seguirà la prima riunione del Parlamento il 28 aprile.

Inizia così anche formalmente una campagna elettorale che praticamente è già in corso e che qualcuno ritiene, forse a ragione, non essere mai terminata dal 2001 a oggi.

Proprio oggi la stampa dice, in modo più esplicito che in passato, come perfino quel sant’uomo di Ciampi abbia dovuto sudare le proverbiali sette camice per riuscire a tenere a bada il Presidente del Consiglio in questi anni.

Andremo a votare con un metodo definito proporzionale, ma in realtà si tratta di un telecomando posto nelle mani dei partiti per definire chi e come potrà sedersi alla Camera o al Senato: agli elettori spetterà il compito solo di dire quanti per ciascuno, senza possibilità di poter realmente incidere sulle precedenze assegnate dalle segreterie politiche.
Una democrazia di delega e non partecipativa.

Non so quanta gente fuori dalla politica “professionistica” conosca in realtà come sia questo meccanismo, ma credo di essere in buona compagnia affermando che questo è un sistema sbagliato, che nega anche quel poco di indicazione democratica che un cittadino ha sempre avuto anche nel passato sistema elettorale proporzionale.

Mi chiedo inoltre, se quelle persone, milioni di cittadini italiani, che avevano votato per il referendum di Segni a favore del maggioritario siano oggi contenti di questo modello elettorale.

Credo di no, così come credo che non potremo votare una seconda volta con questo sistema; per cui, una delle priorità della prossima legislatura, sarà proprio di assicurare una volta per tutte, col massimo consenso di tutte le forze politiche, un meccanismo in grado di assicurare partecipazione, trasparenza e governabilità democratica.

In questi cinque anni abbiamo avuto il governo eletto con una piccola differenza percentuale, ma che ha governato, almeno all’inizio, con un rapporto di 3 a 2 sugli oppositori, cosa che avrebbe dovuto garantire già così un’amplissima governabilità.

Invece questo non è avvenuto: malgrado le alchimie verbali, il paese è rimasto spaccato in almeno due parti, maggioranza e minoranza appunto, e forse per la prima volta in modo così evidente vi è stata l’espulsione di una larga fetta della politica, rappresentante quasi la metà dell’Italia reale, da qualsiasi confronto e decisione, anche quando vi sono stati
momenti di grave difficoltà.

Le leggi ad personam non sono solo un’immaginazione del Centrosinistra, ma una realtà, più volte anche condannata da organi di controllo comunitari ed internazionali; essi però non hanno alcun potere di interferenza (fortunatamente) con la libertà di una nazione sovrana, e si devono limitare
a condanne morali.

Noi abbiamo ancora oggi una delle Costituzioni più moderne che uno Stato liberale e democratico possano avere, ma qualcuno ha cercato di rovinarla facendo passare un’idea di lacerante divisionismo, e per questo dovremo mobilitarci per la cancellazione di un atto che non può essere di un’intera
nazione, quando cancella il principio della solidarietà e della sussidiarietà, determinando privilegi solo per alcuni.

Il Governo fa un consuntivo occupazionale che dà un saldo attivo di oltre un milione di nuovi lavoratori, che però hanno un piccolo difetto: la gran parte di questi sono precari. Lavoratori ad intermittenza, che lottano per
un posto a tempo indeterminato, lusso ormai riservato a sempre meno persone.

A questo proposito, si considerino due fatti riportati dalla cronaca odierna: a Busto Arsizio, la chiusura della Mizar, marchio storico della nostra città, con perdita di 110 posti di lavoro ed intere famiglie a casa.
Sapete cosa voglia dire per due persone di 48 e 45 anni, marito e moglie, perdere lavoro oggi? Spero non dobbiate mai farvi questa domanda. Il secondo riguarda la chiusura di uno zuccherificio, l’unico del Nord-Ovest, che metterebbe in crisi 5.000 posti di lavoro, solo per ricavare utili dagli
indennizzi derivanti dalla chiusura della produzione.

Se nel Centrosinistra vi sono tensioni per ragioni serie sul programma, dove evidentemente la passione politica fra le parti deve trovare un punto di equilibrio, dall’altra parte si litiga per fatti personali: Berlusconi sfotte Fini e Casini dicendo che quando loro fumavano spinelli lui lavorava, e Casini che gli consiglia di prendersi un periodo di riposo, altrimenti se fa tutto lui gli altri non potranno fare più nulla.

Certamente dobbiamo ritrovare il bandolo della matassa. Una delle personalità politiche che più mi ha colpito è stato Spadolini, che era anche uno storico, e forse proprio dalla storia dobbiamo trovare le ragioni di una rinascita. La storia non è inutile, anzi: gravissimo l’errore di volerla
cancellare dai programmi scolastici. Senza storia non c’è memoria, mentre noi dobbiamo ricordare per imparare anche dagli errori commessi.

Apriamoci al futuro con fiducia, quindi, tralasciando le polemiche fine a se stesse, ma cercando una serietà di lavoro sui programmi e sui contenuti, anche perché l’epoca che stiamo vivendo potrebbe non lasciare altre alternative al nostro paese se non una continua recessione, un arretramento nella scala dei valori internazionali, l’emarginazione dai mercati commerciali e, alla fine, potrebbe essere messa in crisi perfino la nostra permanenza all’interno della Comunità Europea.

Io voglio che il mio paese, l’Italia, abbia un futuro certo, che sappia risollevarsi da questa situazione e sappia prendersi carico delle proprie responsabilità.

Io sono disposto a mettermi in gioco per questo.

Alessandro Berteotti

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