Patria est ubicumque est bene

28 Settembre 2013

Cara Roberta,
che piacere leggere di nuovo (cfr. lettera n. 171) un tuo scritto in questa rubrica! E per di più una lettera che reca una testimonianza così esatta e così penetrante su una città di frontiera, Trieste, che, quantunque l’abbia vista solo un paio di volte, ha lasciato in me, e credo lasci in tante altre persone, un ricordo struggente per la suggestiva bellezza, per la multiforme civiltà e per la vasta e profonda cultura. Mi diceva, a questo proposito, Sandi Volk, un compagno triestino e un valente ricercatore, che, per tacere sull’aspetto letterario (da Svevo a Saba, da Quarantotti Gambini a Magris ecc.), nella città giuliana vi è la percentuale più alta di storici, che l’Italia possa vantare, in rapporto alla popolazione residente.
Mi fa piacere, inoltre, conoscendo il tuo amore per i cani e in genere per gli animali, che a Trieste tu abbia trovato per il migliore amico dell’uomo (e di Roberta) un ambiente così amichevole, così ricettivo e così pulito (e sottolineo, per contrasto, questo aggettivo, guardando al problema delle deiezioni canine in quel di Genova). Insomma, cara Roberta, a dirtela tutta, un poco ti invidio. Perciò mi riconosco pienamente nelle tue parole, in cui sento echeggiare una sapienza antica e sempre moderna: «Non so se tornerò mai dalle mie vecchie parti, non avverto la loro mancanza, vado per la mia strada finché le gambe e i neuroni mi tengono su, la mia casa e la mia famiglia me la porto appresso, il superfluo l’ho scordato».