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Ponte sullo Stretto, più problemi che soluzioni

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10 Novembre 2025

Caro Direttore, che il Ponte sullo Stretto non sia una priorità nazionale non è solo una questione di buon senso, stante il costante e progressivo declino economico, sociale e culturale del nostro paese , ben messo a fuoco dalla rivista Limes nel secondo volume del 2024.

Sono decisamente altre le problematiche da affrontare per invertire quella che pare una tendenza inesorabile, a partire, come ha giustamente rilevato l’imprenditore Andrea Carraro sul quotidiano La Stampa del 1 novembre, “ da un piano completo dedicato al rilancio delle infrastrutture nazionali ”, a fronte della mancanza di progressi nei lavori di ripristino e manutenzione del Traforo del Monte Bianco. Pertanto, il recente pronunciamento della Corte dei conti è un monito da accogliere con estremo favore, poiché il Ponte sullo Stretto è un opera inutile e dannosa per il paese al di là della sterile propaganda del ministro Matteo Salvini , ed è quindi augurabile che per tante ragioni non venga assolutamente realizzata.

Quanto è avvenuto nel passato fa ben sperare, poiché la Stretto di Messina Spa, costituita nel 1981, è costata in spese clientelari e vari studi di dubbia fattibilità 472 milioni di euro alle casse dello stato, senza lasciare , per nostra fortuna, alcuna traccia del suo operato. Per la cronaca un salvifico decreto del 2014 aveva messo fine a questo ignobile spreco di risorse. Ora con il rilancio della Nuova società Stretto di Messina, al comando della quale è stato nominato l’inamovibile boiardo di stato Pietro Ciucci, si stima un investimento pari addirittura a 13,5 miliardi di euro, con una palese violazione del diritto europeo per la mancata gara d’appalto. Una cifra davvero imponente, se solo pensiamo agli investimenti che il dissesto idro-geologico del paese meriterebbe, oppure all’ammodernamento del nostro sistema ferroviario, stante le ripetute “ sofferenze “ che incombono sulla quotidianità dei viaggiatori .

Per non parlare dei pendolari della regione Lombardia, che incoscientemente ha dirottato una quantità di risorse assurde per Pedemontane sotto utilizzate, devastatrici di ampie porzioni del nostro territorio e a carico dell’erario nazionale Altresì, è assai dubbia la fattibilità dell’opera, a fronte di un certo disastro ambientale ed urbanistico., se si considerano le dimensioni dei tre ponti più rilevanti al mondo. Il giapponese Akasshi-Kaily ha una campata di 1991 metri ; il Golden Gate Bridge nella baia di San Francisco in California è lungo 2021 metri; quello completato in Turchia sullo stretto dei Dardanelli è lungo 2023 metri.Il ponte sullo stretto di Messina dovrebbe avere una campata pari a 3300 metri, una larghezza di 60 metri e sostenuto da piloni di 400, poiché strutturalmente sospeso, con notevoli difficoltà per il transito ferroviario, in ragione delle oscillazioni dell’impalcato per via della spinta dei venti.

In quanto al rischio sismico e al problema della non edificabilità, per la presenza di una faglia attiva, pendono i ricorsi al Tar promossi dal comune di Villa San Giovanni e della città metropolitana di Reggio Calabria, che mettono in discussione la fattibilità stessa del progetto. Si deve poi considerare che siamo in presenza di una procedura di Via ( Valutazione di impatto ambientale ) viziata, poiché quello che è stato presentato non è un Progetto Definitivo (PD ).Inoltre, i contenziosi giudiziari per gli espropri dei terreni privati dureranno prevedibilmente molti anni, mentre crescono, come è stato peri movimenti No Tav in val Susa, le mobilitazioni dei comitati No Ponte.

Infine, poiché le grandi opere sono da sempre fonte di corruzione, tutti i controlli di legittimità , a proposito della regolarità della spesa pubblica , sono necessari e opportuni per contrastare l’affarismo e il dispiegarsi dell’economia illegale.

Gian Marco Martignoni

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