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Potere economico, potere mediatico e potere politico

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9 Agosto 2013

Caro direttore
Che Berlusconi incarni la simbiosi mutualistica tra il potere economico, il potere mediatico e il potere politico è ormai un dato storico assodato del ventennio della cosiddetta ‘seconda repubblica’. Sennonché, al fine di dare un’evidenza quantitativa a questo dato può essere utile ricordare che dal primo gennaio 2013 il titolo di Mediaset si è apprezzato in Borsa del 115%. In effetti, il rapporto (per l’appunto, di simbiosi mutualistica) tra l’andamento del fatturato pubblicitario delle reti di Mediaset e il peso del centrodestra nella politica italiana va considerato come un fattore determinante per comprendere l’interconnessione pluridecennale fra la televisione e il sistema dei partiti (un discorso simmetrico a questo vale anche per il network della “Repubblica-Espresso”). Parimenti, dovrebbe ormai essere assodato, da questo punto di vista, che nessuna grande azienda può accreditarsi senza passare anche attraverso l’investimento pubblicitario presso le reti di Mediaset. Il che spiega, tra l’altro, l’altalena tra dichiarazioni di ritiro dalla politica e repentine retromarce, che ha caratterizzato, in relazione strettissima con le prospettive finanziarie del gruppo e con lo svolgimento dei processi in cui è coinvolto, la tattica del Cavaliere: una tattica, come sempre, ‘di lotta’ e ‘di governo’, anguilleggiante e spiazzante, che ha creato un singolare contrasto con la fissità catatonica e la passività subalterna dei suoi avversari politici (‘in primis’ del Pd). Così, l’anabasi berlusconiana ha prodotto, in virtù della suddetta simbiosi, una rivalutazione quanto mai significativa del titolo di un gruppo che, se nello scorso autunno accusava rilevanti difficoltà di capitalizzazione, negli ultimi mesi, a partire dal risultato elettorale, ha conosciuto, nonostante la crisi, una consistente ripresa del suo fatturato pubblicitario.

Giova inoltre ricordare che, alla vigilia delle dimissioni di Berlusconi nel 2011, il titolo di Mediaset crollò di oltre 10 punti in una seduta, mentre chi oggi decide di investire sul titolo di Mediaset sa di puntare su un mercato in crisi, che è poi quello televisivo e quello pubblicitario, ma anche su un’azienda che, unica al mondo, riesce a capitalizzare in Borsa perfino il confitto istituzionale condotto dai propri rappresentanti sul terreno politico. Insomma, la conversione dell’iniziativa politica di Berlusconi in investimento, a volte rischioso e a volte solido, sui titoli di Mediaset è il filo nero di tutta la parabola del centrodestra nato con le elezioni del 1994. In questo senso, non vi è dubbio che una ricerca diretta a individuare chi investe sul titolo di Mediaset fornirebbe uno spaccato estremamente interessante sulla composizione economica e politica del capitalismo italiano.

Concludendo, è opportuno rammentare due passaggi tanto cruciali quanto rivelatori: il primo concerne la capitalizzazione in borsa di Mediaset, che si è verificata nel quinquennio di governo del centrosinistra, segnando in tal modo il pieno riconoscimento del rilievo economico-finanziario di questa azienda; il secondo riguarda i vantaggi che Berlusconi ha ricavato dal comportamento eversivo che ha costantemente seguìto nell’arco del ventennio, mettendo a frutto la trasformazione del bilancio della Fininvest da passivo in attivo durante la prima metà degli anni novanta del secolo scorso, la successiva capitalizzazione in Borsa di Mediaset nella seconda metà degli anni novanta e il consolidamento dell’azienda, nonché sostanziosi dividendi azionari, negli anni duemila. Non c’è che dire: nel corso del ventennio, la Borsa ha premiato Silvio Berlusconi. La simbiosi mutualistica tra potere economico-finanziario, potere mediatico e potere politico ha giocato, come non mai, a favore del ‘dominus’, attivando un ‘circolo virtuoso’ tra la presenza nelle istituzioni e quella nel mercato televisivo-pubblicitario, così come tra i mercati finanziari e l’iniziativa politica di Berlusconi. Che poi l’opinione pubblica manipolata abbia ridotto la complessità di questa simbiosi e la dinamicità di questa sinergia fra i tre poteri ad una vicenda giudiziaria più o meno spettacolare, altro non è che il riflesso più o meno distorto del ‘modus operandi’ di una multinazionale della comunicazione e induce a riflettere sulla capacità della politica italiana (sia di quella istituzionale sia di quella extra-istituzionale) nell’approntare categorie di analisi e modelli di comportamento adeguati alla situazione esistente.

Enea Bontempi

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