Pronto Soccorso, un’esperienza da dimenticare
23 Aprile 2006
Sono appena di ritorno dal Pronto Soccorso dell’Ospedale di Gallarate.
Malauguratamente trovandomi in quel di Arsago Seprio per il concerto (molto bello) di musica barocca del Festival del Seprio, nell’aprire la portiera della mia VW Polo con lo spigolo tagliente (la VW anziché i crash test sugli air bag farebbe meglio a controllare gli spigoli vivi dei suoi accessori) mi procuravo un bel taglio al labbro.
Gisella, che era con me, si offriva di accompagnarmi al vicino ospedale di Somma, ma ohimè il pronto soccorso chiude alle 20 quindi meglio andare nella vicina Gallarate.
Arrivo all’ospedale ma il parcheggio di fronte ha la sbarra chiusa; il cartello indica che il servizio funziona fino alle 20 e pur essendoci molti posti liberi la sigla luminosa indica “Completo”.
Vabbè non sono grave ed entro a piedi, dopo aver recuperato del ghiaccio in un bar.
Suono il campanello di rito, in sala d’attesa un ragazzo dai lineamenti asiatici e una giovane mamma. Accompagnatori d’altri pazienti. Non subito, arriva una infermiera in tuta verde, ma senza nessun cartellino di identificazione (forse dall’acconciatura un’assistente di Jean Luc David) che mi chiede perché mi sono recata al pronto soccorso e che bisogno c’era. Nonostante il labbro in evidente tumefazione. Con aria disgustata e vista la mia evidente incazzatura mi dice di aspettare il mio turno (quale, se non c’è altro paziente in attesa?, e di compilare il modulo sulla privacy).
Finale: entro… squallore sommo oltre l’idea di disordine e di sporcizia. Altre due assistenti di Jan Luc David appaiono e dopo un consulto mi fanno accomodare dove una quarta persona che individuo come dirigente medico si siede al PC.
Una giovane con boccoli biondi mi dice che non c’è alcun bisogno di essere medicata, chiedo almeno di mettermi un cerotto per evitare che la ferita si laceri, e mi viene messo sempre con il più sommo disgusto e comunque senza un minimo di disinfezione, però previa constatazione che sia stata vaccinata contro il tetano. Forse bisogna procurarsi anche l’acqua ossigenata al bar?
Mi congedano con il foglio di via. Mi riprendo il mio ghiaccio, non vorrei che lo usino per il paziente successivo visto che ha la caviglia azzoppata.
Scusate lo sfogo ma è sempre tutto più indecente.



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