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Ricordiamo anche i partigiani federalisti il 25 aprile

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19 Aprile 2006

Vorrei far conoscere una pagina della Resistenza che non è stata scritta da marxisti, statalisti e centralisti, ma da gente che amò la propria terra e la propria gente, prima ancora di un’ideologia. Persone che si definivano
Federaliste e che parteciparono in prima persona alla Liberazione della Padania e dell’Italia. Non vorrei per questo scadere in polemiche sterili contro coloro che hanno nascosto, anche coscientemente, queste pagine della
nostra Storia a causa di interessi politici di parte. Vorrei solo che la verità storica fosse resa nota, dato che c’è ancora qualcuno che infanga la
memoria di questi personaggi.

Il professor Gianfranco Miglio in particolare, che oggi viene definito alla stregua di un fascista, partecipò invece alla Resistenza antifascista
aderendo al movimento dei federalisti “interni”
riuniti attorno al foglio federalista cattolico “Il Cisalpino”, diretto da Tomaso Zerbi, un federalista autentico, con il quale lo misero in contatto i
federalisti comaschi. Durante l’ultima fase della guerra, Miglio è sfuggito per caso ad un arresto nel quale sono incappati invece altri membri del
gruppo. Egli tuttavia, al contrario di altri, ha sempre minimizzato questi trascorsi nelle file della resistenza al Fascismo. Il resto della vita di Miglio fu speso per combattere affinché la Costituzione contenesse principi
federalisti, così come proposto da molti partigiani padani.

Fra questi ultimi vorrei ricordare Emile Chanoux (1906-1944), giurista,
pensatore e uomo politico valdostano che da autentico figlio della sua
terra, non soppresse la propria identità montanara e non abbandonò la propria piccola patria.
Vi rimase a prezzo di innumerevoli sacrifici, e conseguì la laurea in Giurisprudenza, operò come notaio in mezzo al suo popolo difendendolo dai
soprusi e dalle angherie del notabile locale e dell’amministrazione del
nuovo stato accentratore. A 19 anni (cioè in pieno fascismo) fondò, con l’abate Joseph Treves e un gruppo di amici, il movimento della Jeune Vallée
d’Aoste in difesa della lingua e delle autonomie locali. Il movimento ben presto dovette entrare in clandestinità e divenire, da movimento studentesco
ed intellettuale, il movimento di liberazione del popolo valdostano.
Arrivarono gli arresti, le perquisizioni, i processi, mentre il regime, accecato dal suo assurdo furore romano-imperiale, perseguì sistematicamente
l’italianizzazione coatta della vita civile valdostana (arrivando a cambiare i nomi toponomastici e perfino a sostituire le lapidi dei cimiteri). L’anno
cruciale fu il 1943. In primavera venne richiamato alle armi. Disertò e fuggì, nascondendosi in Francia. Rientrato in Aosta dopo l’8 settembre prese contatti con il Partito d’Azione e con altri movimenti regionali alpini. Il
19 settembre animò il Convegno di Chivasso in cui venne pronunciata la
storica Dichiarazione dei Rappresentanti delle popolazioni alpine, testo che fu preso a fondamento dall’Assemblea Costituente per le discussioni sugli statuti speciali. Si nascose poi sulle montagne, dove organizzò la lotta partigiana e scrisse il suo capolavoro “Federalismo e Autonomie”: un concentrato di saggezza politica federalista e verità storica. Nel mese di
maggio dell’anno seguente i nazi-fascisti di Aosta, facendo sicuro affidamento sul suo tenerissimo affetto di padre e di marito, arrestarono le
sue figliolette e la moglie. A Chanoux non rimase altra scelta che la consegna di sé. Quando si presentò, lo torturano inutilmente per avere
informazioni sui compagni partigiani e alla fine lo uccisero senza risparmiare le sevizie più brutali alla sua compagna.

C’è da chiedersi come mai questi padri costituzionali furono traditi neiloro propositi e come mai i pochi principi federalistici che entrarono in Costituzione, non furono mai attuati. Un solo esempio: ci vollero 30 anni per creare i Consigli Regionali, sebbene questi fossero stati già previst dai padri costituenti. Mi viene da chiedere se coloro che oggi vorrebbero difendere a tutti i costi la Costituzione (o meglio le loro prebende e privilegi) riempiendosi la bocca con tanti paroloni, in passato con altrettanta solerzia non abbiano usato la carta su cui è impressa la Costituzione per altri usi non altrettanto nobili

Angelo Veronesi

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